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Il giudice Asaro: vi racconto la Palermo devastata dal sangue e l’importanza di raccontare ai nostri bambini le storie degli eroi antimafia

Fernando Asaro, procuratore a Gela, in prima linea nella lotta alla mafia . Ecco come ricorda i giudici Falcone e Borsellino e gli anni in cui iniziò la sua vocazione per legalità

Anni fa, credo una ventina, conobbi un magistrato della cosiddetta “antimafia” di Palermo, che tradotto per come si deve, si scrive Dda, Direzione distrettuale antimafia. Io ero una giovanissima cronista del mensile S, il giudice si occupava anche di indagini sulla mafia agrigentina. Al tempo c’era anche la caccia a due super latitanti, due boss sanguinari, Giuseppe Falsone e Gerlandino Messina, che parevano inghiottiti dal nulla e protetti dal tutto della vasta rete dei loro fiancheggiatori. Il giudice Fernando Asaro, al tempo appena quarantenne, era un magistrato di prima linea, con il sorriso accogliente delle persone perbene e l’abitudine alle buone maniere di chi sa stare al mondo. Abbiamo fatto tante interviste e organizzato insieme qualche evento “visionario”, che così definisco, non fosse per quell’idealismo nudo e crudo, che ne era l’anima. Ho conosciuto tanti professionisti dell’antimafia, ma il giudice Asaro è una persona vera. Un professionista serio, lontano dalla caccia di copertine, con un approccio “alla stessa altezza” di chi lo sta ascoltando. Con Fernando Asaro, tra gli altri, ho imparato la storia della lotta alla mafia in Sicilia ed a lui penso ogni 23 maggio, perché in uno dei nostri primi incontri mi disse: “Noi magistrati adesso viaggiamo sull’autostrada, che hanno costruito Falcone e Borsellino, che invece camminavano in una brutta trazzera di campagna.”

Oggi Fernando Asaro è procuratore a Gela e ho voluto intervistarlo nel giorno del ricordo.

Dottore Asaro, come era lei 29

anni fa, il 23 maggio

Ero un giovanissimo magistrato, che si apprestava a iniziare la sua carriera. Sarà stato un caso, ma ho messo piede in procura da sostituto procuratore proprio poco dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio.

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I giudici Falcone e Borsellino, chi erano davvero?

Erano l’alternativa valida a una Sicilia devastata dal sangue e dalla mafia, che era dappertutto. Hanno avuto il merito di generare coscienze sane, in un tempo in cui scegliere di stare dalla parte sbagliata era facilissimo.

come e quando ha scelto di stare dalla parte giusta?

Ero ragazzino, studiavo al Gonzaga. Non avevo in famiglia né magistrati, né forze dell’ordine. Mio padre lavorava in banca e mia madre era casalinga. Sicuramente mi avevano educato all’onestà,  ma della mafia non capivo nulla. Eppure a Palermo la mafia era ovunque: la respiravi nell’odore di sangue degli omicidi quotidiani. La mafia incuriosiva i ragazzi e ricordo che io volevo capirne di più. Volevo conoscere i luoghi di Cosa Nostra e mi spingevo fino a Ciaculli e Borgo Vecchio, per capire che forma avesse la criminalità organizzata. Ricordo quando, in motorino con un mio amico, passammo davanti al cadavere del sindaco Insalaco (era il 1988, Insalaco era stato sindaco di Palermo per soli tre mesi ed aveva più volte denunciato le collusioni tra mafia e politica). Ricordo quando venne massacrato il commissario Boris Giuliano, che per me era semplicemente il papà di due ragazzi che frequentavano la mia scuola. Lo vedevo accompagnare i figli  ai salesiani. Un giorno non l’ho visto più. La mafia lo aveva ucciso e noi giovanissimi venivamo a conoscenza di questi fattacci senza alcun filtro. Era una sorta di routine morire così a Palermo. Si parlava con una tale facilità di mandamenti, che mi ero convinto che fossero delle bellezze architettoniche della mia città. La mafia era a portata di mano e allora dovevi scegliere se starle a fianco, anche tacitamente, oppure contro.

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Quale la scintilla che tracció la sua strada?

L’incontro con il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Era la primavera del 1982 e venne a tenere una conferenza  nella mia scuola. Quanto è importante la scuola per formare coscienze. Quell’uomo mi illuminó nel profondo. Pochi mesi dopo la mafia lo uccise e io quel giorno non ebbi più dubbi su quella che sarebbe diventata la mia strada.

Falcone e Borsellino invece, che ruolo hanno avuto?

Erano e sono le figure della speranza. In una terra dove si mangiava pane e mafia, dove la gente era arresa al predominio mafioso, che si esplicitava su tantissimi livelli, c’erano questi due giudici, che erano la coscienza del riscatto. È grazie a Falcone e Borsellino se in Sicilia in tantissimi hanno alzato la testa e capito che l’alternativa era possibile.

Dottore, ha coordinato indagini di mafia importantissime, quale quella che ricorda con più forza?

Non amo fare classifiche. Ogni indagine é stata importante. Sicuramente non dimenticherò mai il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo. Le domande agli imputati. La ricostruzione di quei fatti orribili. Ho ripercorso la mia vita da ragazzino: libero, fortunato, che poteva festeggiare i suoi compleanno con amici e parenti. Pensare a questo bimbo, che per due anni è stato letteralmente al buio, il buio profondo del sequestro, culminato nel finale più tragico, è devastante, ma è anche uno sprone. Quella volta, avere contribuito a trovare la verità, mi ha fatto sentire ancora più forte il senso di appartenenza a una professione che ho scelto di testa e di cuore.

A proposito di ragazzi, cosa possiamo fare per aiutarli a maturare una vera mentalità antimafia?

L’esempio é fondamentale. Agire fuori da qualsiasi logica mafiosa, fosse anche quella prêt à porter della scorciatoia, della piccola furbata, della raccomandazione, della connivenza quasi “innocente”, é fondamentale. Non dimentichiamo però la capacità delle parole e degli occhi che guardano. Ai miei due figli, sin da bambini, raccontavo le storie degli eroi antimafia e lo facevo con estrema sincerità, senza troppi filtri. Li portavo nei luoghi simbolo e lí cominciava il racconto. Era giusto che sapessero fin da piccoli. È bene che ai nostri bambini facciamo conoscere la storia degli eroi buoni dell’antimafia, che alla lunga hanno avuto la meglio sui cattivi, perché se oggi camminiamo liberamente sull’autostrada dei nostri progetti e dei nostri sogni, é perché persone come Falcone e Borsellino l’hanno costruita per noi. Con fatica, percorrendo per anni una buia trazzera di campagna, lavorando a mani nude, al prezzo della loro vita. Raccontiamolo senza timore ai nostri figli. Un giorno ci ringrazieranno per questo.

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Grazie dottore Asaro e ad maiora!

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