Palermo ha il triste primato dei bimbi che nascono in crisi di astinenza da droga e psicofarmaci.
Una criticità, che in tempi di pandemia ha assunto proporzioni che preoccupano.
Al Di Cristina di Palermo, il principale ospedale pediatrico della Sicilia occidentale, da inizio 2022 a oggi sono stati sedici i bambini ricoverati per crisi di astinenza o per avere ingerito accidentalmente sostanze stupefacenti o psicofarmaci.
Alcuni di loro sono arrivati in Pronto soccorso in gravissime condizioni.
Al reparto di Neonatologia dell’ospedale Civico di Palermo, uno dei principali punti nascita del Sud Italia, i dati confermano l’allarme e ce li illustra il professore Marcello Vitaliti, neonatologo e primario dell’Utin.

“Nel post lockdown abbiamo avuto anche due casi ogni venti giorni di bimbi nati in crisi di astinenza. Si tratta di astienza di droghe da vario tipo: dalla marjiuana, al crack, passando alla cocaina e all’eroina. Numeri altissimi, che fotografano un allarme concreto. Non solo droghe, ma anche psicofarmaci, utilizzati in gravidanza sovente senza alcun controllo medico.”
Professore, chi sono le madri che in gravidanza usano droghe o psicofarmaci?
Sarebbe facile pensare a donne che vivono ai margini della società, ma non sempre è così. Parliamo di una realtà vasta, che sicuramente incide maggiormente nella fetta di società in preda al degrado, alla noncuranza, alla nulla facenza, quindi giovanissime tossicodipendenti, che rimangono incinta per caso, che consumano rapporti a pagamento solo per potersi pagare una dose. Abbiamo poi le donne over 30, che vivono di reddito di cittedinanza, che possibilmente non hanno nulla da fare dalla mattina alla sera e nella droga trovano il passatempo ideale. Abbiamo anche donne della piccola e media borghesia che, soprattutto per quanto riguarda l’uso di psicofarmaci, non riescono a farne a meno neppure in gravidanza e li assumono senza alcun controllo medico.”
Professore, facciamo un distinguo tra stupefacenti e psicofarmaci in gravidanza?
Sicuramente, vi sono occorrenze in cui la donna può e deve fare delle terapie per il controllo dell’ansia o della depressione anche in gravidanza. Ciò ovviamente deve avvenire con il controllo di un medico specialista in neurologia o neuropsichiatria, non sicuramente in regime di automedicazione, facendosi passare i farmaci dall’amica o peggio convincendo qualche farmacista a fornirli senza ricetta. Gli psicofarmaci in gravidanza, se usati in maniera scellerata, possono causare danni molto gravi al bambino, tra questi anche ritardi cognitivi, motori e comportamentali a lungo termine. Occorre buon senso. Se la donna in gravidanza si sente depressa, deve parlarne con un medico, che può indirizzarla verso un percorso di psicoterapia. Se questo non dovesse bastare, sarà sempre l’esperto ad guidare la gravida verso lo specialista in neuropsichiatria. Fare da sé è dannoso, soprattutto per il bimbo che si porta in grembo.
Cosa succede ai bimbi che nascono in crisi di astinenza?
La loro condizione è delicatissima e può precipitare. Il rischio peggiore è la morte del piccolo. Fortunatamente siamo riusciti a salvare tutti bimbi nati in astinenza. I neonati hanno necessitato di terapie e talvolta di ricoveri molto lunghi. Il quadro che si presenta è solitamente complesso: spesso nascono prima del termine, sono bimbi sottopeso, che possono presentare malformazioni congenite, convulsioni, irrequietezza, difficoltà ad alimentarsi, pianto inconsolabile, ipertonia, tremore, tachicardia e tachipnea, ossia respirazione accelerata, vomito. Sono neonati che replicano i sintomi di un adulto in astinenza. Li curiamo su due fronti, in prima battuta quello dell’impatto ambientale. I piccoli vengono trasferiti in Utin dove gli stimoli sonori e visivi sono controllati e con essi vi è anche il monitoraggio h24 dei parametri vitali e la gestione ad hoc dell’alimentazione, incoraggiando l’allattamento al seno, che aiuta il superamento della crisi di astinenza, per via del minimo passaggio nel latte delle sostanze che hanno causato le crisi. Nei neonati con sintomi importanti si procede con le terapie farmacologiche, che possono prevedere anche l’uso di di morfina. Si tratta di un farmaco forte, che stride con il termine neonato, eppure si rende necessario per salvare la vita di questi piccolini. Dopo le dimissioni si procede con il follow up per verificare eventuali danni d’organo o deficit neurologici a lungo termine.
Cosa succede alle mamme di questi bimbi dopo la diagnosi?
Le mamme sono ovviamente il punto cruciale della vicenda. Per centrare le loro condizione abbiamo a nostro sostegno un’equipe di assistenti sociali, tra questi la dottoressa Emanuela Sanfratello, che entra in gioco quando individuiamo situazioni a rischio. Il lavoro in tandem è fondamentale. Occorre fare un distinguo tra le situazioni limite (tossicodipendenza, degrado sociale, storie di abuso) e quelle invece recuperabili, dove le madri, con il sostegno degli esperti, possono accudire il loro bambino, anche dopo le dimissioni.
Occorre affiancare la famiglia del bambino, indirizzare, se è il caso, verso le case famiglia, dove partirà un altro tipo di percorso, che potrebbe concludersi con l’affido del piccolo. In questi casi entra in gioco il Tribunale dei Minori. Mi sento, a tal proposito, di elogiare i giudici Claudia Caramanna e Massimo Russo, per la loro sensibilità e la flessibilità umana, con la quale affrontano questi casi tanto dolorosi. Sono condizioni molto complesse, ma ahimè tragicamente attuali.
Cosa ci racconta il dramma dei bimbi nati in astinenza?
Ci dice che viviamo una deriva senza precedenti. Che ci sono donne sole, che ricorrono a droghe e psicofarmaci per mettere a tacere chissà quali mostri interiori. Che vi sono ragazzine che vivono condizioni di degrado tali da prostituirsi per una dose di crack, che vi sono anche donne della buona società, che si drogano e lo fanno anche quando dovrebbero tutelare una gravidanza pianificata.
Queste occorrenze fanno capire che ci vuole più osservazione, maggiori attenzione, sostegno e sorveglianza, così da arginare un fenomeno, che deve fare riflettere e pensare su tutti i fronti.