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Il Di Cristina di Palermo si tinge di viola per la giornata della lotta all’epilessia

Abbiamo intervistato un’equipe medica di esperti di epilessia, che si occupa di diagnosi, cura e ricerca

É una delle condizioni neurologiche più frequenti, in Italia sono oltre 500.000 le persone che ne soffrono. Un tempo era uno stigma, oggi le nuove terapie e gli approcci medico/scientifici multidisciplinari hanno generato un cambio di marcia. Si tratta dell’epilessia ed il 13 febbraio é la sua giornata mondiale.
Un evento che abbiamo vissuto all’ospedale Di Cristina – Dei bambini di Palermo, dove il reparto di Neuropsichiatria é diventato un centro epilessia di riferimento per l’Isola.
Abbiamo incontrato e intervistato un’equipe di specialisti, medici e paramedici, capitanati dal dottore Giuseppe  Santangelo, che dirige l’Uoc di Neuropsichiatria dell’ospedale pediatrico palermitano: le neuropsichiatre Daniela Buffa e Renata Pitino, la dottoressa Francesca Vanadia, già primaria del reparto e, a testimonianza dell’approccio sinergico anche con altre aziende ospedaliere, la professoressa  Rosaria Nardello, che é direttore dell’Unità operativa semplice dipartimentale di Neuropsichiatria infantile del Policlinico di Palermo, oltrechè docente universitaria alla facoltà di Medicina di Palermo.
Un lavoro corale e multidisciplinare, che si rende necessario per comprendere e  curare una condizione complessa e largamente diffusa.

Dottore Santangelo, cos’è l’epilessia?

É un disturbo neurologico caratterizzato dalla predisposizione all’insorgenza di crisi epilettiche (o comiziali). La crisi è un evento clinico provocato da una scarica elettrica anomala a livello della corteccia cerebrale, localizzata o diffusa, che può essere asintomatica o provocare disturbi anche significativi. Nel momento in cui la crisi insorge in maniera sintomatica, ci si trova di frequente davanti una condizione di criticità medica. Generalmente i genitori si recano in Pronto Soccorso, si attiva un codice rosso ed è necessario un trattamento volto a ridurre o possibilmente a eliminare le crisi, sia per la possibile gravità dei sintomi, sia perché talora le perdite di coscienza possono risultare pericolose.

Quali sono le cause dell’epilessia?

Le più frequenti sono cause genetiche, anche se non necessariamente in presenza di genitori e/o fratelli con condizioni di epilessia sintomatica. Possono infatti verificarsi casi di bimbi con cause genetiche ex novo rispetto al resto della famiglia. La crisi epilettica isolata può anche avere una genesi riconducibile a malattie metaboliche, quali il diabete. Un calo o un incremento repentino degli zuccheri può creare un “black out elettrico” che causa la crisi, che in quel caso non va catalogata come condizione epilettica in senso stretto.

L’epilessia può essere poi secondaria ad altre condizioni: traumi, tumori, malformazioni corticali, malattie neuroimmunologoche (per es. encefaliti autoimmuni). Per questa ragione, allorquando si presenta una crisi é necessario uno studio accurato del paziente e gli adeguati esami strumentali. Non si deve confondere la crisi epilettica con la convulsione febbrile, che si verifica generalmente in bimbi piccoli e in concomitanza con un episodio febbrile.

A quali sintomi si deve prestare attenzione?

La crisi epilettica, contrariamente a quanto si pensa, non si manifesta solo in maniera eloquente, con quel catalogo di sintomi da immaginario collettivo quali occhi rivolti all’indietro, movimenti ritmici del capo, bava alla bocca, perdita di conoscenza. Esistono anche sintomi assai più sfumati, addirittura impercettibili. Per questa ragione, la mamma che vede un comportamento differente del proprio bambino, deve prestare attenzione, seppure senza terrore, e sottoporre i dubbi, in prima battuta, al pediatra di libera scelta. Tra i segnali ai quali stare attenti: un calo improvviso del rendimento scolastico del piccolo, una sua condizione diurna di apatia o al contrario di estrema eccitabilità. Ed ancora attenzione quando i piccoli fissano troppo lo sguardo, fanno dei movimenti ripetitivi a carico di un arto o di una parte del corpo. Nessun terrore, ma sicuramente la cautela di sottoporre i dubbi all’attenzione del pediatra. Quando invece la crisi si presenta come criticità sintomatologica ci si deve subito recare in Pronto soccorso.
Evitare il fai da te, come ad esempio inserire le dita nella bocca del bambino per tirare fuori la lingua. Espedienti di questo tipo possono solo peggiorare le cose.

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Come si presentano le crisi epilettiche?

Le crisi epilettiche si possono manifestare in forme differenti in relazione all’area del cervello da cui hanno origine, e si suddividono in:

  • crisi parziali o focali, quando hanno origine in un’area circoscritta della corteccia cerebrale
  • crisi generalizzate, se hanno origine, contemporaneamente, in entrambi gli emisferi cerebrali.

Le crisi generalizzate possono avere manifestazioni esteriori differenti, vanno da un’interruzione momentanea dello stato di coscienza, cosiddetta assenza, fino a crisi più pericolose. Si parla di assenza quando la persona si irrigidisce guardando nel vuoto e non reagisce se le parliamo. Può manifestare anche piccoli movimenti involontari. Si definiscono invece crisi tonico-cloniche quelle che prendono la forma che corrisponde all’idea di crisi epilettica che ha la maggior parte di noi: possono dare le cosiddette convulsioni, con perdita di coscienza, contrattura della mandibola, cianosi, difficoltà respiratoria, eventuale fuoriuscita di saliva dalla bocca o perdita di urina. La persona può mordersi la lingua e quindi dalla bocca può esserci anche perdita di sangue.

Come si formula la diagnosi di epilessia?

Anzitutto visitando il piccolo, raccogliendo la storia clinica dei suoi sintomi e sottoponendolo a esami strumentali, in prima battuta l’elettroencefogramma (che studia l’attività elettrica del cervello), che é un esame principe quando si sospetta la crisi epilettica. Per dirimere cause primarie, si rendono necessari talvolta altri esami strumentali quali la tac e/o la risonanza magnetica. Vanno sempre eseguiti gli esami ematologici per verificare in prima battuta i valori metabolici.

Come si cura l’epilessia?

Oggigiorno abbiamo a disposizione un vasto ventaglio di terapie. É bene specificare che l’epilessia ha varie forme e per ciascuna di questa vi é una cura ad hoc. Vi sono forme cosiddette benigne, che tendono a risolversi nel corso della crescita del bambino, vi sono forme più complesse, forme riconducibili a patologie  autoimmuni ed anche le sindromi rare. Il segnale incoraggiante é  che nell’ultimo quindicennio il progresso medico/scientifico é stato tanto e tale, da fornire terapie mirate, personalizzate e da garantire una qualità della vita del paziente epilettico quanto più simile a quella di un paziente sano. Consideri che la terapia farmacologica é in grado di tenere sotto controllo la condizione nell’80% dei casi, vi sono percentuali di pazienti che, sotto stretto controllo medico, sospendono con successo le terapie. Allorquando i farmaci non dovessero portare i benefici sperati, accade fortunatamente in casi rari e in forme complesse di epilessia, la risoluzione é quella chirurgica.

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Professoressa Nardello, quanto é importante il lavoro di ricerca?

É fondamentale. Al reparto che dirigo al Policlinico di Palermo,  ci occupiamo di studio e ricerca, a partire anche dai piccoli pazienti del Di Cristina. Lo studio dei singoli casi, delle caratteristiche differenti e comuni,  ha consentito di tirare delle somme importanti. Grandi sono i passi avanti fatti nell’ambito dello studio genetico sull’epilessia. Nel tempo si sono comprese genesi differenti e da lì sono state individuate terapie ad hoc, che hanno sostituito le vecchie cure, che avevano un approccio piu generalizzato e meno efficace. Un tempo, inoltre, i nostri pazienti andavano fuori Sicilia per avere la diagnosi, oggi invece siamo in condizioni di sottoporli ai cosiddetti “pannelli genetici”, che sono dei test che studiano i geni, i fattori ereditari e da questo studio si indagano anche le soluzioni e da lí le cure di cui oggi disponiamo. Il paziente viene preso in carico a 360 gradi e sottoposto a visite neuropsichiatriche, psicologiche e ad esami strumentali. Fatta la diagnosi, il paziente va monitorato regolarmente così da capire l’evoluzione della sua condizione.

Grazie a un lavoro corale, tra neuropsichiatri, ricercatori, genetisti, l’aspettativa e la qualità della vita dei pazienti epilettici é nettamente migliorata. Pensi che un tempo una persona epilettica non poteva neppure accedere alla patente di guida, oggi, seppure seguendo parametri e controlli di un certo tipo, non é più così.

Dottoressa Buffa il paziente epilettico vive una complessità emotiva personale e familiare. Come lo aiutate in tal senso?

L’epilessia, fino a un quindicennio fa, veniva vissuta come uno stigma, come un male impronunciabile,  quasi da tenere nascosto. Oggi per fortuna non é più così, perché tanti sono stati i progressi fatti, vuoi in ambito medico che di comprensione sociale di questa condizione. Consideriamo che l’epilessia é largamente diffusa: ben il 60% dei pazienti che afferiscono nel nostro reparto, lo fanno per problemi legati a questa condizione.
Il dato incoraggiante é che nel 70% dei casi l’epilessia si risolve con la crescita. Quando fai una diagnosi devi anzitutto comunicarla ai genitori e non é semplice. Dovrai trovare le parole adatte e fare comprendere loro che oggi con l’epilessia non solo si può convivere, ma
si riesce a fare una vita quasi del tutto normale a patto che si seguano alla lettera i consigli dei medici. L’epilettico può guidare, lavorare, avere una vita di coppia, fare figli, viaggiare, fare sport (eccezion fatta per paracadutismo e box, che fortunatamente non sono sport così gettonati dai piccoli e dai ragazzi).
Il medico deve fare accettare al
 paziente epilettico una terapia da fare tutti i giorni e i controlli periodici, quelli strumentali, così come i test neuro- psicologici. Quando il paziente é molto piccolo occorrerà un lavoro di sostegno psicologico dei genitori. La diagnosi sarà avvertita come un duro colpo, ma
le nuove prospettive mediche saranno assai incoraggianti. Il sostegno psicologico al piccolo e ai genitori farà il resto. L’obiettivo di giornate come questa é quello di far comprendere che con l’epilessia si può convivere e lo si può fare al meglio delle possibilità. La scienza ha fatto davvero tanti progressi e siamo certi che continuerà per la buona strada intrapresa.

Dottoressa Vanadia, lei é stata una colonna del reparto, come si affronta una condizione come quella epilettica?

L’impatto psicologico é fondamentale. Molto dipende dalla condizione del bambino che può essere consapevole delle sue problematiche e partecipare attivamente  al miglioramento della sua storia clinica e umana.  Molto dipende dall’empatia del sanitario e dalla capacità che ha di rivolgersi al paziente. Il medico deve diventare alleato del piccolo, stringere con lui una sorta di patto di fiducia. Se il neuropsichiatra stabilisce   un’alleanza con il paziente, ovviamente anche con i genitori, riusciremo a centrare gli obiettivi terapeutici e umani. Non dimentichiamo che vi sono situazioni in cui il paziente presenta episodi critici, che mimano le crisi epilettiche e solo un attenta valutazione specialistica può condurre ad una corretta diagnosi. Anche in questo caso, gli studi e i progressi medici ci hanno aiutato tanto nel migliorare l’approccio a una condizione tanto complessa. É fondamentale la fiducia verso il medico e la comprensione anzitutto umana per il paziente.”
Il reparto di Neuropsichiatria dell’ospedale
Di Cristina- Dei Bambini di Palermo, diretto
dal dottore Giuseppe Santangelo, é il principale centro di riferimento per l’epilessia in Sicilia occidentale. Ogni anno afferiscono in reparto in regime di ricovero oltre 700 bambini. Cinquemila la media delle visite ambulatoriali. Il 60% di questi pazienti ha problemi epilettici e, fatta la diagnosi, vengono seguito da 0 a 18 anni.
L’equipe diretta dal dottore Santangelo conta 8 medici, 25 specializzandi, nove paramedici,
due tecnici e una coordinatrice infermieristica.

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