“La signora Lucia di Napoleon” é un romanzo pieno di fascino. Dolce e amaro. Tenero e struggente. È la storia del riscatto di una donna, Lucia Capizzi, che, negli anni della grande guerra, in una Palermo spaccata in due (dove la povertà si tagliava con il coltello ed in contraltare vi erano i salotti dei ricchi, fumiganti di lussi e abbondanza), traccia la sua strada. Lucia proviene da una famiglia umilissima. La cultura del sacrificio nasce con lei. Lucia però pensa in grande. Non si arrende. Ha in sé la tenacia delle grandi donne, quelle che non si arrendono a un’evidenza presuntuosa, che ne vorrebbe tracciare la sorte. Si rimbocca le maniche. Vuole farcela e decide di lavorare nella florida azienda Spatafora (marchio celebre in tutta la Sicilia nel settore delle calzature). Lì, con volontà, tempra e un talento spiccato per il bello, riesce a scalare i vertici aziendali e a dirigere il più prestigioso negozio di tutta l’isola, il Napoleon, nel cuore di Palermo. La sua affascinante esistenza viene presa per mano dalla penna raffinata della nuora, Rosaria Cascio, che sceglie di consegnare alle nuove generazioni la storia coraggiosa della suocera. A Rosaria (insegnante e autrice di diversi testi, dedicati a don Puglisi, con cui Rosaria ha collaborato per diversi anni) abbiamo fatto un’intervista alla scoperta di un libro, che si fa gustare dalla prima all’ultima pagina.
Un libro singolare è da poco in libreria
Lo scrivono una suocera ed una nuora. Quasi un ossimoro. Ti va di parlarci di “questa avventura”?
Gli ossimori creano bellissime figure poetiche! E poi non sempre é così soprattutto quando la suocera ha una storia di vita stupenda e la nuora una gran curiosità e voglia di raccontare. L’avventura nasce così, con la mia vita che si intreccia con quella del figlio di Lucia Capizzi mentre lei era ancora in servizio presso il negozio di calzature Napoleon degli Spatafora. Ci frequentiamo, lo sposo e, nel frattempo, osservo mia suocera. Lavora instancabilmente e lei stessa sembra inossidabile. Eppure ha grandi responsabilità pur non avendo alle spalle studi speciali che sorreggano tante capacità. Capisco subito che è una gran donna. A quasi 25 anni di distanza, oggi conosco perfettamente tutta la sua storia e capisco che non può rimanere la semplice storia di una vita. Deve essere raccontata perché si comprenda che le grandi guerre sono vinte sempre grazie a singoli soldati che hanno sacrificato le proprie vite pur sapendo che sui libri di storia sarebbero finiti soltanto I grandi. Ecco. La storia di Lucia di Napoleon è la storia di una donna così. Per cui, dopo ore interminabili di racconti di quando lavorava e girava l’Italia e conosceva questo e conosceva quello….ho capito che, alle soglie dei suoi prossimi novant’anni, potevo osare: prendi carta e penna ed inizia a scrivere – le ho proposto. E lei non se l’è fatta ripetere due volte.
Come è stato mettere su questo progetto?
Avrete avuto qualche piccola discussione, tra suocera e nuora capita?
Non voglio essere presuntuosa ma credo che mia suocera si sia affidata sin da subito a me, insomma, mi ha preso da subito sul serio. Di sicuro il fatto che io abbia pubblicato diversi libri su padre Puglisi e che giri molto per parlare di lui ha aumentato in lei la consapevolezza che la mia era una proposta seria e fattibile. E poi il fatto che qualcuno prendesse sul serio i suoi magnifici ricordi e restituisse loro importanza e valore l’ha immediatamente incoraggiata. Non abbiamo avuto mai discussioni su questa sfida particolare anzi, credo che sia nata una piacevole complicità. Era bellissimo andarla a trovare a casa e vedere sul tavolo della cucina il taccuino con la penna sopra e lei che diceva di avere scritto diverse pagine quel giorno. E poi sentirla per telefono chiedermi consigli su quali ricordi far affiorare e su quali, invece, scartare. Insomma, scrivere un libro non è cosa da poco, ci vuole impegno! È stato bellissimo, per me, ricevere alla fine il suo manoscritto. Me lo stava affidando e, con quelle pagine, tutta la sua vita. Era come se mi dicesse:”Ecco fatto, prendilo. Fanne l’uso che hai in mente!”.
Una forma narrativa particolare
Un po’ diario (scritto di pugno dalla signora Lucia), un po’ narrazione tradizionale (scritto dalla nuora Rosaria). Come e perché nasce l’idea di questo intreccio?
Scrivere un libro é l’ambizione di tanti, oggi. Ma bisogna sempre essere umili nella scrittura e sapersi mettere nei panni di chi ti leggerà. Sapevo che la storia di Lucia di Napoleon era bellissima ma sapevo anche che farla scrivere di proprio pugno a chi l’aveva vissuta era cosa ancora più bella. Non avevo parlato con un editore. Intanto volevo confezionare il testo e poi avrei cercato l’editore giusto. La formula del racconto in prima persona funziona moltissimo soprattutto quando le storie appartengono ad un passato non molto recente. Così mia suocera ha iniziato a scrivere e, nel giro di pochi mesi, ha completato la sua parte. A me é toccata quella più complicata: incorniciare il testo in un tempo ed in uno spazio. La Palermo della guerra, i ricoveri, la borgata marinara dell’Arenella e poi il salotto cittadino ed un volto di una nuova città in trasformazione. Mi sono chiusa in biblioteca, tra una lezione a scuola e l’altra, ed ho iniziato a leggere. Poi, in poche settimane, avevo raccolto foto, suoni, musiche, filmati…. mi sono messa tutto davanti agli occhi ed ho scritto. E la storia é nata da sé, così, incontenibile come é sempre la scrittura. Ottavio Navarra, il mio editore, aveva gli occhi luccicanti quando gli ho proposto la storia. Lui, come dico sempre, é un editore imprenditore che ama i libri che pubblica. E si è messo in gioco così tanto da acconsentire la pubblicazione del volume proprio come regalo di compleanno di mia suocera: il 7 luglio, 90 anni!
Il romanzo è una storia di riscatto
Parla di una Palermo martoriata da guerra, povertà, mafia e di una donna coraggiosa, che ce la fa “nonostante tutto”. Chi è Lucia di Napoleon?
La Palermo degli anni 40 è una città che, in parte, non c’è più. Per scrivere il capitolo della guerra ho usato una sirena, quella che annunziava le bombe. Ho fatto risuonare quella sirena nelle mie orecchie per un paio d’ore e, nel frattempo, scrivevo. Mi sentivo dentro alle vie cittadine con gli aerei sulla testa, sentivo la puzza dei ricoveri e la paura della gente per strada. Dopo due ore di tutto questo ho messo punto e sono ritornata alla realtà. E poi ho viaggiato per le strade non asfaltate di una borgata che odorava di mare ed ho sentito le voci dei pescatori davanti alla costa. Ed ho cominciato a vedere una giovane donna che, con la paura sotto braccio, andava fuori dal quartiere di mattina per rientrarci la sera ricca di stanchezza e di libertà. Lei, Lucia, la libertà se l’è conquistata a dispetto di tante giovani donne che urlavano per strada e battagliavano per i diritti. Lei, in silenzio perché non aveva tempo da impegnare ad urlare, i suoi diritti e quelli di tante altre donne li stava ottenendo sul campo e sulla propria pelle. E con la quinta elementare, rimanendo Lucietta come la chiamava suo marito, cominciava a viaggiare per Firenze, Bologna, Milano, Parigi. Alla ricerca di un nuovo modello, all’inseguimento delle nuove mode. Con la complicità e la totale fiducia della famiglia Spatafora che, nel settore delle scarpe e della moda, diventava via via più grande. A Lucia era concesso tutto perché lei aveva fiuto e stile. Gli Spatafora, in questa storia, dimostrano di avere avuto sguardo aperto alla modernità, senso degli affari, capacità di impresa. Lucia, in fine dei conti, era una donna senza nessun titolo ma a lei venne data carta bianca su tutte le scelte. E questa fu la fortuna di quel gruppo imprenditoriale.
Quando hai conosciuto tua suocera hai mai pensato che poteva essere una personalità ingombrante?
Mia suocera è, ancora oggi, con i suoi 90 anni, una grande persona dalla personalità ingombrante! Lucidissima, in piena forma nonostante recenti cadute, sa ancora il fatto suo e contrastarla non è facile. Vive la sua vita in pieno e nessuno potrebbe scalfire la sua indipendenza, libertà, intraprendenza. Legge in continuazione di tutto, dal romanzo leggero al saggio di teologia. È un esempio grandissimo di resistenza e resilienza, nessuno potrebbe riuscire a fermarla perché lei, oggi, è ancor di più Lucia! Il suo passato è tutto qui, in questo suo quotidiano presente, e non c’è sfida che potrebbe intimorirla. La sua vita se l’è vissuta per davvero e la sua libertà presente se l’è conquistata.
Chi è oggi Lucia di Napoleon e cosa può insegnare alle giovani donne di oggi?
Insegnando a ragazzi e ragazze di scuole superiori, faccio fatica a trovare in tutti loro la determinazione che vorrei vedere. Oggi i giovani non conoscono il senso della conquista, il valore del sacrificio. A volte si perdono per una piccola sconfitta e cercano il successo senza pretendere da sé alcuno sforzo. Eppure quella donna d’altri tempi sono sicura che li affascinerà. Voglio portare “La Signora Lucia di Napoleon” dentro alle scuole, voglio presentarla come un’amica da imitare. Da lei possono apprendere la tenacia, la voglia di raggiungere un obiettivo, la certezza di un successo dopo la battaglia, la fiducia in sé stessi. Ecco, proprio questo valore del credere in sé stessi è l’ingrediente che manca ai giovani di oggi e che in Lucia possono trovare come esempio praticabile.
Dietro al riscatto di una donna vi è però una triste realtà odierna
La gloriosa azienda dove lei ha scalato un vertice personale, non esiste più. Come la Spatafora, sono finite tante altre floride realtà imprenditoriali. Cosa pensi e cosa speri per Palermo e per la Sicilia?
A differenza di altri, gli Spatafora hanno chiuso con onore. Nessun fallimento ma, prima del licenziamento, il cavaliere Alfredo Spatafora ha sistemato i suoi dipendenti garantendo loro la possibilità di un nuovo lavoro nella Regione. Li ha liquidati tutti, uno per uno, generosamente. In altri casi, invece, questo non è accaduto. Resta il fatto che le grandi e storiche aziende, oggi, a Palermo, non ci sono più. Di loro resta solo la storia e, in certi casi, anche un fallimento. Il nostro Sud non è senza speranza solo per questo. Mi rattrista e preoccupa di più la chiusura di start up recenti, con fatturati stratosferici fino a pochi mesi fa ma che hanno chiuso perché la concorrenza mondiale li ha calpestati. Forse perché stavano a Palermo, nella periferia del mondo. Nella città dell’accoglienza che, però, sta perdendo ad uno ad uno tutto i suoi giovani. Chissà se una nuova Lucia di Napoleon, oggi, sarebbe possibile!
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