Per comprendere la grandezza di Giovanni Falcone andrebbe visto, in questi giorni, il docufilm Our Godfather, dedicato alla vita di Tommaso Buscetta.
Perché, se una rivoluzione il giudice Falcone ha compiuto, é stata quella di mettersi faccia a faccia con i peggiori mafiosi, di mediare e di convincerli a pentirsi. Senza Buscetta non sapremmo neppure che la mafia siciliana si chiama Cosa nostra per un gergo in codice, un modo alla spicciola di evitare di chiamarla scomodamente mafia. “Dicevamo la Cosa nostra per evitare di essere capiti nelle intercettazioni”, raccontó Buscetta a Giovanni Falcone.
Che Buscetta, grazie all’abilità umana e investigativa di Giovanni Falcone, abbia iniziato a smantellare l’organizzazione mafiosa, dando l’assist a centinaia di arresti e quindi al Maxi processo, é storia nota.
In questi quarant’anni (dalla collaborazione di Buscetta), al netto di arresti eccellenti e di scardinamento del sistema mafioso, abbiamo assistito al fenomeno più importante. Per raccontarlo uso le parole del dottore Fernando Asaro, Procuratore della Repubblica a Marsala: “Se prima gli operatori della legalità, giudici, forze dell’ordine, giornalisti, sacerdoti, società civile in genere, percorrevano una trazzera di campagna, oggi, grazie ai giudici Falcone e Borsellino, camminiamo spediti lungo un’autostrada.”
Niente di più vero. Faccio un esempio banale. Da bambina, quando qualcuno faceva la spia, c’era il “furbetto” di turno che apostrofava sprezzante: “Non fare come Tommasino!”
Era una considerazione bonacciona e del tutto inconsapevole, però la diceva lunga sulla mentalità dei tempi. Che oggi sono cambiati!
Lo dico con commozione di mamma
Stamani sono arrivati nella chat della classe di mio figlio una sequela di disegni. Le maestre, Antonella Noto e Silvia Sapienza, hanno raccontato ai bambini della strage di Capaci e hanno chiesto loro di fare un piccolo elaborato, scritto e disegnato. Ho osservato le opere dei nostri settenni e ho dovuto trattenere le lacrime. Ecco disegni pieni di amore e di consapevolezza. Qualcuno ha scritto accanto al ritratto dei giudici: “Vi voglio bene!” Ed é certo che sia così. Non importa che Raffaele e i suoi compagni non abbiano mai conosciuto da vicino Giovanni e Paolo, conta che in questi anni sia avanzato il loro esempio. Come non volere bene a due uomini che ci hanno regalato la libertà?
Fino a trent’anni fa, se eri un giornalista, che voleva fare cronache antimafia, rischiavi la vita (pace all’anima di Peppino Impastato, di Giàncarlo Siani, di Pippo Fava e di tanti altri), se eri un prete di frontiera, ti sparavano alla nuca come é successo a don Pino Puglisi, l’uomo mite per antonomasia. Se eri un bambino come tanti, con la sola colpa di essere figlio di un mafioso pentito, ti sequestravano per anni, ti strangolavano e ti scioglievano nell’acido. Mai sarà sufficientemente onorata la memoria del piccolo Giuseppe Di Matteo!
Oggi questo non accade più, anche grazie al sacrificio di Capaci e di via D’Amelio
Oggi il pensiero é cambiato perché la memoria si onora a scuola con la buona narrazione dei fatti, i bimbi la fanno propria e la rielaborano a modo loro. Con quell’affetto sincero e la gratitudine spontanea di cui solo i più piccoli sono capaci.
Scorrendo tra i disegni ho compreso anche che i bimbi hanno chiara una cosa: Giovanni e Paolo erano amici per la pelle. Se ci hanno reso liberi è stato anche grazie a quell’amicizia solida. A dimostrazione che senza un complice, nella vita, non si va da nessuna parte. Oggi leggere e osservare gli elaborati degli alunni della II A dell’istituto Sant’Anna di Palermo, mi ha fatto pensare a quei semi buoni, nati dal sangue sparso degli innocenti. Mi ha fatto sperare che quanto accaduto trentadue anni fa a Capaci, non sia successo invano. La mafia, al tempo, ammazzava persone come fossero insetti parassiti. Pensava di avere in mano la vita, la coscienza e la morte della gente. Oggi non é più così. I nostri bimbi non puntano più il dito chiamando “Tommasino” il bimbo che parla tanto, ma scrivono “Ti voglio bene” sotto i ritratti di Giovanni e Paolo. Le nuove generazioni dicono: “Stop mafia e basta uccidere“ perché ci credono. Perché Giovanni, anche con il suo sangue innocente, ci ha permesso di “viaggiare spediti su una comoda autrostrada che porta alla libertà”.
Queste righe per ricordare il sacrificio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinari, caduti per la nostra libertà.
Grazie ai piccoli: Lorenzo Albanese, Giada ed Elisa Bruni, Francesco Brusa, Gabriele Ciprí, Riccardo Caradonna, Ginevra Cocheo, Cristina Ganci, Michelle Geraci, Giacomo Giangrosso, Francesco Guerino, Edoardo Iacó, Sebastiano Liotta, Adriana Lo Giudice, Santiago Massaro, Alice Moitron, Lorenzo Pacello, Tobia Pacimeo, Bianca Polizzi, Chiara Runfola, Greta Sarullo, Greta Sciacchitano, Raffaele Trovato, Sofia Vinci della II A istituto Sant’Anna di Palermo.