Non esiste solo il Coronavirus, questo concetto è sicuramente molto chiaro a chi, in questi mesi, ha dovuto fare i conti con altre patologie. Il Covid però, negli ultimi sessanta e passa giorni ha letteralmente congelato l’attenzione su di sé, seminando panico tra la gente comune e di fatto rimodellando le abitudini soprattutto in ambito sanitario. Negli ospedali si è iniziato con i percorsi di accesso separati e l’allestimento delle tende triage che facevano capolino timidamente da fine febbraio in tutta Italia e che sarebbero servite, eccome, per la diagnosi e il primo approccio con i sospetti casi di Covid 19.
Con l’esplodere dell’emergenza su tutta la penisola ecco le restrizioni nella sanità pubblica: chiusi i reparti ospedalieri alle visite e alle assistenze dei parenti, nessun accompagnatore al pronto soccorso, no ai papà in sala parto, no agli interventi chirurgici programmati ed ancora chiusi tutti gli ambulatori relativi a visite non urgenti. Ovviamente gli ospedali hanno sempre seguitato a funzionare in ogni ordine, ma solo per le urgenze e le terapie indifferibili (alcuni esempi pratici: appendicectomia urgenti, operazioni ortopediche post traumatiche indifferibili ed ancora somministrazioni di terapie salvavita, quali ad esempio la chiemio e la radio e le cure anti- retrovirali per i malati di hiv, epatite, tbc).
Uno dei fenomeni da Covid è stato anche lo spopolamento dei ps, che hanno toccato punto massime di zero accessi anche in momenti solitamente clou, quali per esempio le domeniche pomeriggio. Il terrore generalizzato di infettarsi, da un lato ha fatto sì che si facesse un uso più razionale dei punti di primo accesso ospedaliero, dall’altro che si prendessero sottogamba anche occorrenze importanti. Come riferiscono molti medici di famiglia, in questi ultimi due mesi sono stati trascurati, da parte dei pazienti, sintomi importanti riconducibili a patologie cardio vascolari o neurologiche, questo perché il panico è diventato più forte della necessità.
Cosa succede nella sanità pubblica con l’inizio della fase 2?
Non cambia moltissimo, seppure si paventino di giorno in giorno delle aperture scaglionate.
Restano attive le tende triage per i sospetti casi di Covid e quindi rimane valida l’indicazione che in presenza di uno o più sintomi sospetti si debba consultare il medico curante o il 118 e non si debba tassativamente accedere al pronto soccorso generico. Al Policlinico Paolo Giaccone di Palermo attivo il primo box triage, per il tamponamento dei sospetti casi Covid senza che medico e paziente entrino in contatto diretto.
Nella maggior parte degli ospedali pubblici sono stati riattivati gli ambulatori oncologici, di screening e follow up. Si tratta ancora di assistenza riservata a determinate classi di pazienti: con pregressa storia oncologica o in follow up per patologie tumorali recenti. Fermo restando che, come tengono a sottolineare i medici ospedalieri, in piena emergenza Covid tutti gli ospedali hanno garantito chirurgia e terapia oncologica. C’è ancora lo stop per quanto riguarda le visite in elezione. Un esempio pratico, lo screening senologico o ginecologico in una paziente del tutto sana, non è stato ancora riattivato. Pare però che a breve anche questo nodo dovrebbe iniziare ad essere sciolto. Si inizia invece a sbloccare la situazione di chi era in lista per interventi chirurgici programmati. In parecchie strutture pubbliche nazionali sono state pre-allertate le donne in lista d’attesa per interventi ginecologici, senologici programmati. É verosimile che entro fine maggio, sempre che non vi siano novità epidemiologiche di rilievo, dovrebbero iniziare a essere convocate dagli ospedali per essere sottoposta a chirurgia.
Esempi pratici in Sicilia
Dall’isola arrivano poche ma buone notizie ufficiali. Al Buccheri La Ferla di Palermo, il primario del reparto Materno Infantile, la dottoressa Maria Rosa D’Anna, conferma la riapertura degli ambulatori collegati all’oncologia ed in particolare: isteroscopia, colposcopia, oncologia ginecologica e follow up oncologico. Sempre la dottoressa D’Anna fa sapere che “In questa nuova fase di epidemia, in collaborazione con le istituzioni, stiamo verificando, con le opportune e necessarie precauzioni, di attuare percorsi dedicati per ritornare alle note consuetudini e consentire al papà di assistere alla nascita dei loro bimbi e dare supporto alle mogli.”
Potrebbe quindi essere questione di giorni e al Buccheri, uno dei centri nascita più attivi del sud Italia, dovrebbero tornare i papà in sala parto.
Da oggi questa occorrenza è stata autorizzata all’ospedale Arnas Civico di Palermo. Ne dà comunicazione con una nota il primario Luigi Alio. “Si apre una nuova fase anche per le giovani coppie seguite dalla Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale palermitano, che torna a consentire la presenza del papà in sala parto e anche per una breve permanenza nel post partum.”
Sempre all’ospedale Civico è prevista a breve la ripresa dei ricoveri e degli interventi programmati. Tutti coloro i quali faranno però accesso in struttura per il ricovero saranno sottoposti a tampone, ciò al fine di monitorare e circoscrivere qualsiasi eventuale focolaio di Coronavirus.
Riaperti nel nosocomio gli ambulatori oncologici.
All’ospedale Di Cristina dei Bambini di Palermo, riaperti gli ambulatori ma solo per visite urgenti o da fare entro dieci giorni per situazioni di possibile aggravamento (richieste in ricetta con impegnativa U e B). Riaperto da qualche giorno anche l’ambulatorio di malattie infettive (al Di Cristina vi è un centro di riferimento per le malattie infettive a trasmissione materno-fetale, la cui riapertura, considerata la pericolosità potenziale di queste patologie per i piccoli, è stata paventata già a inizio emergenza e di fatto è stata autorizzata a fine mese scorso).
Nei principali ospedali dell’isola, seppure lentamente, riprende la vita anche nei pronto soccorso, con una frequenza di accesso aumentata rispetto a trenta giorni fa, ma comunque ridotta di almeno il 70% rispetto al periodo pre emergenza Covid. Accessi di Ps invece sempre vicini allo zero negli ospedali con doppio accesso, cosiddetto sporco (malati di Covid) e pulito (malati di altri reparti).
Per quanto riguarda i medici di famiglia, come riferisce la dottoressa Giuseppa Di Gaetano di Palermo, resta tutto invariato in attesa di nuove disposizioni. Quindi ingressi contingentati e solo per appuntamento, nessuno che sosti in sala d’attesa e divieto di ingresso in studio agli accompagnatori. Sul fronte medici di base va anche specificato che un’alta percentuale di questi ha concretamente chiuso gli studi in attesa della cessata emergenza. In alternativa si è avviata una sorta di telemedicina, con visite, ove possibile, in videochiamata e assistenza domiciliare ma solo in casi urgenti e in assenza di sintomi sospetti di Covid.
Sono sempre stati aperti i laboratori di analisi cliniche, che hanno seguito le norme di contingentamento degli ingressi.
I tutti i casi vale l’ordine per decreto di sanificazione frequente dei locali, uso di dpi sia per il personale sanitario che per i pazienti.
Tante le domande della gente comune in merito alle riaperture della sanità pubblica. C’è chi ha programmato ormai da mesi un’ecografia non urgente ma comunque di controllo, c’è chi deve fare la mappatura nei, ma non è un paziente oncologico, c’è ancora chi, soggetto del tutto sano, è però in ritardo ormai da mesi con lo screening annuale ginecologico/senologico. Ci sono anche bimbi in attesa di fare i comuni test delle intolleranze senza però richiesta urgente. In ambito di medicina pubblica si attende di giorno in giorno che siano chiariti i dubbi e che siano riaperte le maglie, nella certezza che anche la sanità che non si occupa di Covid deve tornare a essere fruibile e con facilità a tutti, sia in ambito di cura che di prevenzione, ciò al fine di evitare che questo tragico momento storico, possa causare incrementi di altre patologie.