Mamme a 50 anni, è possibile?
Mamme a 50 anni: quali rischi?
La prima domanda è: ci sono dei rischi, dal punto di vista psicologico, per queste mamme e, soprattutto, per i loro bambini? Secondo Grazia Attili (intervistata dal sito Ok Salute) docente di psicologia sociale alla Sapienza di Roma e autrice di un recente saggio sulle madri e i padri dal titolo “L’amore imperfetto”, no: “Penso che una donna può essere una buona madre quando è in grado di riconoscere i bisogni del figlio, essenzialmente i bisogni emotivi, e di rispondere ai suoi segnali con prontezza. Si tratta di competenze materne, che prescindono dall’età, in quanto collegate alle esperienze avute con le proprie madri e alle situazioni sociali in cui le donne vivono. Ritengo quindi che una donna possa essere felicemente madre anche in età avanzata e che possa anche adottare un figlio in età non più giovane. Uno sviluppo ottimale vuol dire assicurare ai piccoli cure continuative e costanti e porsi per un figlio come adulto più forte e più saggio. Capacità che Anche una over 50 può avere”.
Mentre una psicologa esperta di terapia familiare come Sonia Piana esprime più di una perplessità: “Sono per lo più contraria alla maternità e alla paternità in età avanzata. Dal punto di vista sistemico familiare esistono delle fasi della vita che vanno vissute appieno e rispettate cronologicamente. Tali fasi sono frutto sia della natura dell’essere umano che delle convenzioni sociali nate nel corso dei secoli; non è un caso, infatti, se l’età fertile coincide con la fase di svincolo dalla famiglia di origine e con una certa maturità dell’individuo. È anche vero che le nuove condizioni sociali ci stanno portando sempre più a ritardare tali fasi: la difficoltà di avere una propria indipendenza porta inevitabilmente i figli ad essere dipendenti dai genitori per un tempo più lungo e quindi a procrastinare tutte le altre fasi della vita. Allo stesso tempo, però, la società non è altrettanto pronta ad accettare queste situazioni “al limite” e ciò porta a notevoli difficoltà sociali e relazionali dei bambini e dei genitori-nonni stessi. Poi, certo, dal punto di vista psicologico ogni caso è a sé”.
L’ovodonazione
Alessandra Graziottin, direttore del centro di ginecologia e sessuologia medica al San Raffaele di Milano, solleva la questione della donazione di ovuli: «Per avere un bambino a cavallo della menopausa è quasi sempre necessaria un’ovodonazione, vietata in Italia, ma lecita all’estero. Basti pensare che a 30 anni l’88% degli ovociti di una donna è esaurito. A 40 anni si arriva al 97%. Dopo quest’età fare un figlio con le proprie cellule germinali è più difficile. Portare avanti una gravidanza in età avanzata non è più pericoloso che per una quarantenne, ma bisogna essere in buona salute. Quanto al rapporto con il bambino in grembo, anche quando il patrimonio genetico non è il proprio, si stabilisce un legame molto forte».
Fino a che età è ragionevole la fecondazione?
“Le probabilità di successo per una donna di 50 anni sono vicine allo zero”,spiega Carlo Flamigni, tra i massimi esperti italiani in fecondazione assistita e docente all’Università di Bologna. “Sia la Società europea di riproduzione umane ed embriologia (Eshre), che la sua equivalente americana, sono chiare in merito: è consigliabile interrompere i trattamenti intorno ai 43-44 anni. I rischi fisici sono pochi, non è quello il punto. Il danno maggiore è psicologico. Rischiamo di mandare in frantumi il cuore di molte donne che si illudono di poter avere un figlio nonostante l’età avanzata”.
L’argomento è delicato perché tocca le corde del cuore di molte donne, che desiderano ardentemente di diventare mamme. Capire dove stia la giusta ragione (ammesso che ci sia) non è compito di alcuno. Certi che un bimbo sia sempre un miracolo, facciamo gli auguri più cari a Brigitte Nielsen e alla piccola Frida.
Una risposta
Grazie mille per l’articolo!