La gravidanza ed il post partum non sempre corrispondono a quell’idea di felicità sicuramente un po’ retorica, che, nell’immaginario comune, pare ammantare questi momenti della vita della donna.
Un figlio, anche quando ardentemente desiderato, può destabilizzare in peggio l’equilibrio emotivo della mamma e questo accade per motivi tanti e tali, che abbozzarne un’analisi spicciola sarebbe liquidatorio. Utilizziamo una frase della celebre scrittrice Simonetta Agnello Hornby, che, introducendo il libro “La chiamavano maternità”, scrive: “La maternità è il più bel punto di non ritorno.”
Ed è probabilmente partendo da questo “per sempre” che si può avviare una comprensione maggiore del disagio psichiatrico nella donna gravida o in quella che ha appena partorito.
A conferma arrivano i dati dell’Iss, che parlano molto chiaro: i disturbi mentali durante la gravidanza e dopo il parto sono frequenti: i disturbi d’ansia e quelli depressivi colpiscono rispettivamente circa il 13% e il 12% delle donne durante la gravidanza, con frequenza e decorso analoghi a quelli riscontrati in altri momenti della vita della donna. La prevalenza del disturbo depressivo nel primo anno dopo il parto è stimata fra il 10% e il 15%. I disturbi mentali più gravi, fra i quali il disturbo bipolare e il disturbo depressivo grave con sintomi psicotici, sono invece molto più rari (1-2/1000 parti). Tuttavia, il rischio di sviluppare per la prima volta uno di questi disturbi – che si associano a grave morbosità e mortalità materna per suicidio – è più elevato nei primi tre mesi dopo il parto che in qualsiasi altro momento della vita di una donna.
Di questo e di molto altro altro si è parlato a Palermo, in occasione dell’interessante e recente congresso: Patologia e psicopatologia in gravidanza, visione multidisciplinare, con la direzione scientifica del ginecologo Antonio Cannizzaro e della psicologa Loredana Messina.
Ci ha colpiti, tra le altre, la relazione del dottore Antonino Arcara, noto neurologo e psichiatra a Palermo.
Il faro puntato vuoi sul disturbo d’ansia, vuoi su quello depressivo della gestante e della neomamme e la necessità che queste vengano trattate farmacologicamente, anche durante la gravidanza e l’allattamento, ovviamente nel rispetto della salute di mamma e bambino. Sdoganare un cliché, ossia che durante la gestazione e l’allattamento non possano essere assunti farmaci, che curino il sistema nervoso della donna, è stato un concetto chiave della relazione.
É possibile assumere psicofarmaci in gravidanza e in allattamento?
L’esposizione del dottore Arcara ha confermato che non solo si può, ma in taluni casi si deve a salvaguardia della salute della mamma, oggi ed anche domani ed anche a tutela del benessere del bambino.
Cosa succede alla mamma non trattata farmacologicamente?
Rischia forme depressive o di ansia molto importanti durante la gestazione e/o il post partum.
Potrebbe non sviluppare l’attaccamento verso il proprio bambino o addirittura nutrire forme di rifiuto o di timore di quest’ultimo.
Potrebbe avere difficoltà nell’allattarlo al seno.
Potrebbe svuluppare forme importanti di ansia, panico, ipocondria.
Potrebbe formulare pensieri ed azioni ossessive anche gravi.
RIschi del mancato trattamento per il bambino
Eccone un elenco:
Peso basso alla nascita.
Basso indice Apgar
Elevati livelli di cortisolo nel sangue
Minore sviluppo della circonferenza cranica
Ritardata crescita neonatale
Compromissione del processo di attaccamento materno-fetale.
Ed è così che il professore Arcara ha fatto un’attenta disamina sui farmaci indicati in gravidanza e nel post partum, alcuni di ultimissima generazione. Non privi taluni di effetti collaterali, per mamma e bambino, quindi necessitanti un percorso da fare insieme all’esperto, che valuterà e calibrerà le terapie caso per caso. Attenzione massima durante la cura e forte sostegno emotivo.
Non sempre i sintomi di un disagio emotivo in gravidanza o nel post partum (il famigerato baby blues) sono indizio di una patologia che necessariamente debba essere trattata farmacologicamente. È indubbio, però, che il malessere della mamma non vada mai preso sottogamba. Occorre uscire fuori dalla mitologia della gestante o neo mamma felice a tutti i costi, perché al contrario sarebbe un‘ingrata, ed entrare invece nell’ordine di idee di una fase delicatissima nella vita di una donna.
I timori della neo-mamma
La neo mamma, e scriviamo ciò sulla scorta di testimonianze dirette, capita si senta spogliata perfino della sua stessa epidermide: teme per sé, può non sentirsi all’altezza e teme per quell‘esserino minuscolo e inintellegibile che ha dato al mondo. Necessita di sostegno emotivo, di una rete che la supporti e sè questa non c’è o non basta, non deve esitare a rivolgersi in prima battuta al proprio medico, che capirà se sarà il caso di iniziare un percorso specialistico, che con le dovute precauzioni potrebbe prevedere anche una terapia farmacologica, che sarà sicura se gestita da esperti nel settore.