In Sicilia il Covid ha fatto quasi quattromila vittime, due terzi delle quali negli ultimi cinque mesi. Un andamento letteralmente imprevedibile, quello che si è verificato nell’Isola, che nei primi mesi di pandemia sembrava essere rimasta incolume. Finora i contagiati in Sicilia sono stati 150.000, con dei picchi nelle prime settimane di gennaio, quando si è temuto il tracollo. Sicilia zona rossa, ospedali al collasso, il rumore delle sirene delle ambulanze, che era la colonna sonora, h24, nei grossi centri siciliani. Timore, dubbio, ma anche strutture ospedaliere che si sono dimostrate efficaci nell’affrontare l’emergenza. In contraltare regole che non sempre sono state seguite dalla gente comune: gli esiti peggiori si sono avuti proprio dopo le feste di Natale, quando le grosse reunion tra amici e parenti (di fatto vietate) hanno favorito i contagi (occorrenze dichiarate nei vari presidi ospedalieri proprio dai degenti Covid positivi). Per fare il punto sulla situazione siciliana in questi dodici mesi, abbiamo intervistato il professore Antonio Cascio, infettivologo, primario al Policlinico di Palermo e docente alla facoltà di Medicina dell’ateneo palermitano.
Professore, un resoconto di questi ultimi dodici mesi?
La Sicilia ha avuto un vantaggio: numeri molto bassi nella prima fase della pandemia e quindi possibilità per noi sanitari di prepararci da un punto di vista clinico ma anche organizzativo. Diciamo che il momento di dramma mondiale, non ci ha colti di sorpresa. Poi è venuta l’estate, già a maggio nell’isola eravamo a contagio zero e per tutti i mesi più caldi abbiamo avuto una situazione molto tranquilla. La gente assaporava la normalità, illudendosi che fosse tornata definitivamente. Ovviamente noi addetti ai lavori eravamo più cauti, poiché sappiamo bene che le pandemie conoscono più ondate e che quindi non poteva essere finita lì. L’autunno ha iniziato a farci prendere coscienza che in Sicilia il virus iniziava a circolare in maniera più vigorosa, sicuramente facendoci pagare anche lo scotto per le tante libertà estive. L’inverno è stato il tempo di un periodo emergenziale: ospedali sotto pressione, tanti morti, malati in condizioni serie di tutte le età e la consapevolezza che anche la nostra Isola iniziava a pagare un conto salato al Covid.
Quale la situazione oggi?
É più tranquilla rispetto a un mese fa. É vero che siamo in zona gialla da nemmeno una settimana e che quindi ancora godiamo di quanto ottenuto con i sacrifici delle scorse settimane. La pressione ospedale nella struttura nella quale lavoro è calata, anche se manteniamo tutti i posti Covid, certi che non si debba abbassare la guardia. A metà gennaio abbiamo dovuto attivare dodici ulteriori posti letto in fretta e furia. Avevamo i 60 posti totali disponibili al completo. Oggi fortunatamente non è più così. Il fatto che non arrivino malati dai centri Covid ci fa sperare e ci fa comprendere che fattivamente la pressione è calata. Ovviamente però non ci si deve illudere: guardia alzata, prudenza e adesione alla campagna vaccinale.
Quali criticità avete affrontato, oltre a quelle essenzialmente legate all’emergenza Covid?
I reparti di Malattie infettive non curano solo i malati di Covid. Esistono da sempre un’ampia gamma di malattie infettive: la meningite, la tubercolosi, l’epatite, l’aids, giusto per fare qualche esempio. É ovvio che la pressione Covid ha reso più difficile la gestione di altri malati infettivi. La carenza di personale ha fatto il resto. Ci siamo quindi ritrovati, insieme a tutto il personale paramedico, a lavorare il doppio per sopperire alle esigenze dei nostri pazienti, anche di quelli non Covid. Non è stato e non è facile. Il Covid è una triste realtà ospedaliera, ma ricordiamo che non è la sola.
Quale buona nuova in questi mesi?
Il fatto che si sia mantenuta una efficiente rete infettivologica e va dato merito all’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza. La Sicilia ha avuto una buona copertura su tal fronte e quindi per una volta non si è parlato di mala sanità. Speriamo vada sempre meglio.
Le varianti del virus fanno temere altre brutte ondate?
Le varianti in Sicilia sono state sequenziate meno che non in altre regioni d’Italia. I dati però al momento non sono preoccupanti, anzi in linea generale la curva dei contagi scende di giorno in giorno. Ovviamente il nodo varianti non va sottovalutato. Come tutelarsi: incrementando i controlli su chi entra da zone endemiche per varianti Covid, usando rigorosamente i dpi, distanziandoci ed evitando situazioni aggregative. Il vaccino farà il resto. Ricordiamo che virus, che sia selvatico o variate, ha una base comune, quindi il vaccino è sempre e assolutamente utile. Nessuna paura e nessun pregiudizio verso il tanto temuto AstraZeneca: è efficace e sicuro.
Italia tutta arancione, che ne pensa?
Non la vedo bene, le attività devono ripartire laddove possono. Quindi si alle restrizioni, ma non generalizzate. Laddove vi sono focolai è bene chiudere, ma ovviamente non si può chiudere tutta l’isola per un paio di focolai, centrati in piccoli comuni.
Lei paventa anche il passaporto sanitario, di cosa si tratta?
Chi è vaccinato o chi ha avuto la malattia ed ha un referto di sierologico che conferma la presenza di anticorpi, potrà andare liberamente al cinema, a teatro, anche in discoteca. Sono anche per l’attivazione di un sistema informatico dove registrare questo passaporto sanitario, così da facilitare la gestione della rete. É un’idea che credo possa facilitare la vita, rendere più sicure tante attività e consentire anche numerose riaperture.
Pensa che la prossima estate sia auspicabile una ripresa in toto, sulla scorta dello scorso anno (bonus vacanze inclusi)?
Da ogni cosa si trae insegnamento. La scorsa estate ci ha insegnato che le discoteche vanno chiuse, oppure, come dicevo, che possono essere accessibili da chi è vaccinato o comunque ha sviluppato gli anticorpi. Ancora è presto per fare proiezioni estive, la prudenza è sempre raccomandata.
Pensa che usciremo in tempi ragionevoli dalla pandemia?
Sono fiduciosi. Credo nella campagna vaccinale. Raccomando la gente a vaccinarsi in massa, così da raggiungere l’immunità di gregge. A ciò aggiungo che maggiori controlli e più senso di responsabilità potranno essere determinanti per allentare la morsa del Covid.