In Sicilia il Covid ha una discesa lenta, eppure stabile. Oggi 6300 casi, contro gli 8000 e passa di ieri, con le buone notizie che arrivano dagli ospedali: la pressione è diminuita, minori gli accessi in Pronto soccorso e ridotti anche i ricoveri in terapia intensiva. Fanno però difficoltà a scendere i numeri relativi alle infezioni in età pediatrica. L’ospedale dei Bambini- Di Cristina di Palermo ha oltre 30 ricoverati, con tutti i posti Covid disponibili pieni.
“La situazione è indubbiamente pesante, ma sotto controllo, spiega la professoressa Claudia Colomba, infettivologa e primaria al reparto di Malattie infettive e Covid del nosocomio pediatrico palermitano, che è anche il principale centro Covid per la Sicilia occidentale. Cerchiamo di incentivare il turn over dei pazienti, ferma restando la dovuta attenzione che ciascuno di loro merita. Tra i ricoverati in reparto abbiamo bimbi che sono arrivati in ospedale per altre ragioni e sono risultati positivi al Covid. Ovviamente ricoveriamo i quadri più rischiosi: bimbi con patologie pregresse di una certa entità, i piccolissimi, poiché in un neonato con febbre alta è necessaria l’osservazione ospedaliera. Si sono verificati inoltre picchi febbrili con convulsioni, che hanno reso necessario il ricovero. Siamo sicuramente in un momento di picco, teniamo alta l’attenzione, poiché il Covid e le sue varianti non vanno presi sottogamba e invitiamo alla vaccinazione di bimbi e ragazzini ed ovviamente a quella dei genitori, qualora non lo avessero fatto.”
fa il punto della pandemia in Sicilia anche il professore Antonio Cascio, infettivologo e primario al Policlinico di Palermo.
“I numeri sono ancora alti, però si deve guardare ai dati sulle ospedalizzazioni, che da qualche giorno a questa parte registrano un rallentamento. Se quello che deve fare da guida, in un’analisi della gravità del virus, è il numero dei ricoveri, si potrebbe iniziare a vedere la luce in fondo al tunnel.
Va detto però che si registra un picco nella popolazione pediatrica. Il dato non deve scatenare terrore. Ahimè è vero che, purtroppo, si sono verificati due decessi nelle ultime settimane, un bimbo di dieci anni e una di due, contingenze dolororissime, che speriamo restino isolate. Purtroppo i decessi da virus possono succedere anche tra i più piccoli. Può accadere con un virus influenzale, ma anche con un qualsiasi virus tipico dell’infanzia, non fa esclusione il Covid. Si tratta di terribili eccezioni. Il panico da contagio però fa male ai genitori e soprattutto ai bambini. Abbiamo a disposizione l’arma vaccinale, che ci auguriamo possa essere allargata anche ai piccolissimi. Si legge infatti di sperimentazioni andate a buon fine nella popolazione che va dai sei mesi ai cinque anni non compiuti. Il vaccino, quando passerà gli iter di approvazione, sarà inoculato nella proporzione di un decimo rispetto alla dose degli adulti. Si tratterà di un vaccino a Rna messaggero, così come è gia in uso per l’altra fascia pediatrica, che va dai 5 ai 12 anni. Va da sé che un bimbo vaccinato può fare una vita pressoché normale, senza particolari restrizioni, poiché se si dovesse contagiare, avrà una forma lieve di Covid e possiamo fiduciosamente escludere fenomeni di long Covid.”
Professore come tutelare i bimbi non ancora vaccinabili?
Non sono assolutamente indicate soluzioni drastiche, quali quelle di inibire loro qualsiasi forma di socialità o peggio di scolarizzazione. I piccoli vanno riguardati: anzitutto è bene che chi gravita intorno a un piccolino sia vaccinato. Ci vuole inoltre buon senso nella comunità scolastica: è bene non mandare a scuola un bimbo con sintomi sospetti. Ahimè il Covid ha tra i suoi prodromi la stessa sintomatologia di un comunissimo raffreddore. Visto il momento è fondamentale essere scrupolosi. Il personale scolastico dovrà fare il resto in termini di igiene e uso dei dispositivi di protezione individuale.
É d’accordo con l’allentamento delle restrizioni scolastiche in tema di Covid?
Assolutamente sì, dobbiamo puntare alle totali riaperture e all’eliminazione della Dad. Attenzione però, resto dell’idea che un positivo certificato, anche se asintomatico, debba fare i suoi giorni di isolamento, così da tutelare il resto della comunità.