“Torno da una notte di inferno. Solo stanotte 5 ricoveri. 60 ricoverati in tutto al Cervello. Già due morti. Pronto Soccorso con malati Covid in attesa per saturazione posti letto. Per favore restate a casa! Io non andrei a mangiarmi una pizza nemmeno se mi invitasse Belen!”
Un post su Facebook che, nel giro di poche ore, diventa virale. A scriverlo è un addetto ai lavori. Un medico che, nel reparto della paura, vi lavora da quando il terrore del Covid ha iniziato a essere parte delle nostre vite. É il dottore Marco Battaglia, pneumologo e dirigente medico all’Ospedale Cervello di Palermo. Il dottore Battaglia lavora proprio nella Terapia intensiva Covid dell’ospedale palermitano. Parole forti quelle del medico, che arrivano mentre il contatore siciliano dei contagi, in tandem con quello dei ricoveri, cresce ogni giorno.

Dottore, il suo post è più una metafora o davvero una banale pizza tra amici può diventare un rischio?
Nessuna metafora. Ho scritto il mio pensiero personale, formulato su quel che accade in ospedale ormai da diverse settimane. La situazione è davvero seria e quindi l’attenzione dovrebbe essere massima, ma non mi pare che sia così.
Oggi peggio che a marzo?
A Palermo sicuramente sí. A marzo i numeri erano imparagonabili a quelli di oggi. Abbiamo il reparto pieno e consideri che rispetto alla scorsa primavera abbiamo aggiunto sessanta posti letto. Al momento il dato é di circa novanta persone attualmente ricoverate per Covid.
Quali le loro condizioni?
Non si può ovviamente generalizzare. Il dato certo é l’abbassamento dell’etá in cui ci si ammala. L’utenza è variegata ma rispetto a marzo abbiamo anche molti quarantenni e cinquantenni. Abbiamo avuto donne gravide molto giovani. Ci sono pazienti di mezza età in condizioni molto serie e purtroppo abbiamo registrato anche dei decessi.
La manifestazione più comune è sempre la polmonite?
Sí, si tratta di una polmonite interstiziale virale, che trattiamo nel miglior modo possibile, seguendo i protocolli e tenendoci in contatto e quindi confrontandoci con i colleghi di altri reparti Covid del resto d’Italia. Va puntualizzato che questa polmonite può arrivare in forma molto lieve ed allora é facile superarla, se però arriva in forma severa, la situazione può diventare grave anche in modo repentino. Il virus ha una capacità di contagio molto elevata, per questo con il mio post invitavo alla prudenza. Le faccio un esempio, se in una stanza mettiamo una persona con la mononucleosi, una con il Covid e una sana, la percentuale che sia il Covid quello più facilmente trasmissibile è davvero altissima. Posto che non esiste una maniera assoluta di proteggersi, a meno di non volersi imbardare come noi medici, occorre prevenire.
Quindi, come dovremmo comportarci?
Parto da un assunto banale. A marzo, con molti meno casi, stavamo a casa e disinfettavamo pure la spesa. Oggi invece c’è il liberi tutti. Se consideriamo che, secondo le nostre evidenze ospedaliere, le cause principali di contagio sono due: contatti con persone rientranti da zone endemiche e partecipazioni a feste e banchetti, la somma si tira con facilità.
La Sicilia dovrebbe vivere con maggiore allarme questo momento?
Secondo me sì. Non possiamo permetterci di mettere la sanità sotto pressione. Ripeto, abbiamo il nostro centro Covid pieno, quanto si potrà reggere ancora?Personalmente mi sento di dire che si dovrebbero limitare le uscite, evitare feste, situazioni di aggregazione e comunque qualsiasi occorrenza non necessaria, che ci espone a contatti ravvicinati con altri persone. Facevo riferimento alla pizza: poniamo il caso di andare in pizzeria con una comitiva di quindici persone, se malauguratamente una di queste è positiva, la catena del contagio ci mette davvero poco ad attivarsi. Inoltre non possiamo conoscere nel dettaglio la mappa dei contatti di tutte le persone che frequentiamo. Al netto di baci e abbracci, anche lo scambiarsi di mano in mano le bottiglie, le posate o altro può diventare un rischio. Ergo: cerchiamo di essere cauti e a ogni modo usiamo la mascherina quanto più possibile, laviamo spesso le mani e manteniamo la distanza di sicurezza. Il momento é molto delicato, ma possiamo salvaguardarci e salvaguardare anche gli altri.