L’autismo è un termine relativamente nuovo, sebbene “il disturbo” esista da sempre. Un tempo era confuso, travisato, scambiato con altro. Spesso veniva semplicemente taciuto. In Italia vi sono mezzo milioni di soggetti autistici, l’1% della popolazione. Sono numeri approssimativi, perché in Italia non esiste un registro istituzionale. L’autismo, come si legge dal sito del Ministero della Sanità, è una condizione e non una malattia. In realtà le persone coinvolte nella condizione autistica sono almeno 2 milioni, considerato il nucleo familiare del soggetto con condizione autistica.
La reale causa è sconosciuta, sebbene prenda sempre più piede l’ipotesi genetica. La diagnosi arriva intorno ai tre anni, sebbene si possono avere diagnosi attendibili già a due anni. Generalmente, la prima ad accorgersi del “problema” è la mamma. Capita, infatti, che vi siano bambini con condizione autistica che passino a pieni voti i bilanci pediatrici. Quanto più precoce è la diagnosi, tanto maggiori saranno le possibilità che il soggetto con autismo possa avere una vita “quanto più normale possibile”. Fino a 14 anni il servizio sanitario pubblico garantisce le cure. Dopo i 18 anni le persone con autismo “non esistono piu”. I centri di cura di riferimento sarebbero gli istituti di cura per patologie mentali, sebbene l’autismo non sia una vera e propria malattia mentale.
L’autismo non ha una sola declinazione
Ha tante sfumature e, come ci diceva in occasione di un’intervista un noto neuropsichiatra siciliano, solo chi “vive” a contatto diretto con l’autismo capisce bene di cosa si tratti. Vi sono le forme gravi, che manomettono la vita di chi ne soffre. Difficoltà o impossibilità di comunicare con la parola. Crisi epilettiche frequenti. Alienazione completa dal mondo circostante. Movimenti sconnessi. Vi sono poi disturbi dello spettro autistico talmente sfumati che, chi non conosce la storia di chi li soffre, difficilmente si rende conto del “problema”. L’autismo è uno dei principali terrori dei neo genitori. È una delle domande più frequenti che si rivolgono ai pediatri allorquando si nota un comportamento “sui generis” del proprio piccolo.
Altro terrore legato all’autismo sono i vaccini. Non ci addentreremo neppure in questo argomento fitto di spigoli. Non lo faremo perché non vogliamo confondere le idee di alcuno e a onore di informazione leale, è bene scrivere quando a dettare vi è il rigore assoluto della verità scientifica (ahinoi non sempre possibile). Quando mio figlio era piccino, durante un colloquio con uno dei medici dell’Utin dell’Arnas Civico di Palermo, inciampai nella fatidica domandina: “dottore, scusi, come si fa a capire se il proprio figlio è autistico”. Lui mi corresse: “Un bimbo, intanto, non si definisce autistico in senso stretto. Un bimbo può soffrire di un disturbo dello spettro autistico, che va inquadrato durante un percorso lungo, accidentato, carico di affermazioni e di smentite. Non starò qui a riempirle la testa di campanelli di allarme, sarebbe inutile. Come inutili sono i luoghi comuni che gironzolano intorno a questo serissimo problema. I neo genitori fanno l’errore di misurare costantemente le prestazioni del loro piccolo. Pretendono che tocchi i traguardi “istituzionali” in tempi dettati dal senso comune. Quando ciò non accade iniziano gli arrovellamenti. Generalmente un bimbo che a 18 mesi ancora non cammina bene o che non ha un gran vocabolario non è un bimbo a rischio di autismo. Nessun allarme neppure quando il piccino non si gira sempre allorquando lo chiamate. Nel primo anno e mezzo di vita gli stimoli sono tanti e tali, che il piccolo, talvolta, sceglie deliberatamente di ignorarli.
L’autismo è una somma di tante cose e un genitore, purtroppo, capisce che c’è qualcosa di serio che non va per come dovrebbe. Le garantisco che non è una prodezza motoria in meno o una parola non ripetuta a lanciare nello sconforto. Purtroppo ancora c’è molto da scoprire e molto da migliorare. Il nostro paese deve fare tanti passi avanti”.
Il riferimento è sicuramente a una serie di lacune, in termini di garanzie assistenziali, per i soggetti con autismo.
Un ruolo importante lo hanno le associazioni
che, da un capo all’altro d’Italia, con un lavoro instancabile, cercano di dare vita a strutture riabilitative, centri di ascolto, personale a sostegno dei genitori, che vanno seguiti tanto quanto i piccoli, considerata la difficoltà del loro compito. Ed a proposito di genitori, vi proponiamo una storia pubblicata sul Corriere a firma della giornalista Margherita De Bac.
Fabrizio è uno dei fondatori di «Divento grande Onlus»
creata da 16 papà per offrire sostegni concreti alle famiglie. «Mia moglie Pina e io abbiamo ricevuto la diagnosi quando i bimbi avevano due anni. Lei lo aveva capito prima, mentre io ci ho messo più tempo a metabolizzare, ad accettare. Un giorno è tornata a casa, li ha chiamati e loro non si sono girati, hanno invece continuato a guardarsi le mani». È l’inizio di un percorso in salita. Lista di attesa in diversi centri del Lazio per ricevere le cure, l’avvio dei trattamenti a Priverno, poi a Roma infine a Nettuno dove gli Schiavo abitano. Pina cerca di mantenere il lavoro, infine cede e si licenzia per dedicarsi ai piccoli che hanno sempre bisogno di assistenza. Iperattivi, in eterno movimento, un’impresa seguirli in contemporanea soprattutto oggi che sono cresciuti. Alti, fisicamente ben piazzati, in piena età di sviluppo puberale, particolarmente delicata.
L’autismo
condizione di origine genetica (più geni coinvolti, non c’entra nulla il vaccino) li ha catturati in modo diverso. Francesco è cordiale e ha una migliore capacità verbale, Gabriele invece unisce a un carattere chiuso la mancanza di parole. Sa solo ripetere le parti finali delle frasi. Vuoi acqua o aranciata? Risponde aranciata, ma se le due opzioni vengono invertite sarà acqua. La Asl li ha seguiti fino all’età di 12 anni, dopo questa scadenza la terapia cognitivo-comportamentale è a carico delle famiglie, almeno nell’esperienza di papà Fabrizio. I farmaci sono necessari: antiepilettici e calmanti.
«Noi ce la siamo sempre cavata
ottenendo il riconoscimento dei nostri diritti a forza di ricorsi, querele, avvocati e il sostegno di Divento grande. Oggi sono diverso. Non avrei mai immaginato in me tanta pazienza e predisposizione sociale. Due figli disabili ti cambiano. Riguardando il passato mi chiedo come ci sia riuscito. Il peggio però arriva adesso. Francesco e Gabriele avranno sempre bisogno di qualcuno al fianco, l’indipendenza è un sogno irrealizzabile. A 18 anni per lo Stato l’autismo non esiste più e l’unica alternativa per chi non ha i mezzi è il ricovero in strutture per disabili mentali. Il dopo di noi ci spaventa». Con questo chiodo fisso in testa Fabrizio e Pina affrontano i problemi quotidiani. Intanto, hanno sistemato la rete di recinzione.
Fino al 15 aprile con un sms solidale al 45581 è possibile sfidare l’autismo con una donazione di 2 o 5 euro a seconda si chiami da rete mobile o fissa. Così la Fia, Fondazione italiana autismo (#sfidaAutismo18), potrà sostenere progetti di istruzione o formazione rivolti a operatori sanitari e scolastici. La campagna di sensibilizzazione è scattata ieri, Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo. I maggiori monumenti del mondo si sono tinti di blu, il colore scelto dall’Onu per caratterizzare i disturbi dello spettro autistico. In Italia ne soffrono 1,2 bambini su mille in modo marcato. La casistica americana, 1 su 68 all’età di 8 anni, include le sindromi più lievi.