Come funziona la cura?
Si preleva dai pazienti guariti del plasma iperimmune, ricco cioè di anticorpi. I soggetti guariti si sottopongono, ovviamente su base volontaria, al prelievo. Grazie a un apparecchio, che consente la cosiddetta plasmaferesi, viene suddiviso il plasma dal resto del sangue, che dopo il prelievo verrà reimmesso nel circolo del donatore. Quindi il plasma verrà iniettato nel paziente ammalato e gli anticorpi diventeranno l’elemento fondamentale della terapia. Ogni donatore riesce a donare plasma per due ammalati e lo stesso plasma non deve essere necessariamente usato nell’immediato, ma può essere conservato fino a due anni.
Ci sono dei rischi?
La cura con il plasma è pratica ben nota in medicina, la novità sta nel fatto che questa è una malattia sconosciuta e quindi gli effetti, teoricamente, possono essere diversi rispetto alle altre malattie curate normalmente con il plasma. Capita a volte che gli anticorpi possano favorire l’ingresso del virus nelle cellule e questa potrebbe essere una delle possibili complicazioni. Non abbiamo ancora certezza se questa terapia possa essere somministrata anche in pazienti con stadi iniziali di malattia. Finora, infatti, è stata utilizzata solo in pazienti gravi. Teoricamente la cura con il plasma non è rischiosa ma si devono comunque immaginare possibili complicanze o tutto quanto da un punto di vista scientifico potrebbe fare peggiorare la situazione clinica del paziente ricevente.
La terapia ha una validità scientifica comprovata?
Da un punto di vista scientifico, il plasma dei pazienti guariti è stato utilizzato per curare tante malattie ma non sono stati fatti studi solidi in cui si accerta che la terapia funziona sempre, i dati però sono stati favorevoli ed anche le evidenze relative al trattamento del Covid 19 fanno ben sperare.
I derivati del sangue umano sono sicuri per chi li riceve?
pensa che questa Sarà la strada terapeutica definitiva?
Il ruolo del centro Covid di Partinico, spiegato dal professore Di Rosa
Anche il professore Salvatore Di Rosa, direttore scientifico del principale centro Covid dedicato dell’Isola, dice la sua in merito al protocollo che sta per prendere il via e che vede coinvolto anche l’ospedale di Partinico.
Opportune distinzioni tra terapie e vaccino
Dal Covid hospital di Partinico stanno avviandosi diversi studi
“Nello specifico sono partiti tre studi, tra cui quello relativo all’uso del plasma dei guariti. L’esperienza di un centro Covid aperto nel giro di pochissimo tempo ci ha fatto comprendere parecchie cose, in ambito sanitario, scientifico ed ovviamente anche umano. Anzitutto che la comunità medica di fronte all’emergenza Covid ha tentato e tenta instancabilmente una gamma varia di terapie, alcune rivelatesi efficaci, altre meno. Ed ancora non ci si ferma. Abbiamo anche compreso che il Covid 19 non è solo una malattia polmonare, come in molti credono, ma sistemica, che può colpire tutti gli organi del nostro organismo. A tal proposito si è compreso quanto fondamentale sia la figura dell’internista, che riesce a fare valutazioni e improntare terapie, appunto, per tutto gli organi interni. Il Coronavirus attacca l’endotelio, che è il rivestimento interno delle vene, da lì può colpire tutto l’organismo. Le complicazioni o i decessi per Covid non sono solo polmonari. Abbiamo verificato anche casi con insufficienza renale, epatica, cardiaca ed infiammazioni cerebrali. Quanto accaduto deve servire da monito: occorre avere un sistema sanitario più elastico, pronto a reagire sempre a urgenze come la pandemia da Coronavirus. Il Covid Hospital, al di là di ogni aspettativa, ha fatto e continua a fare bene e devo dire che siamo pronti anche a un’altra ondata di contagi. Ovviamente ci auguriamo di evitarla. Noi sanitari stiamo lavorando con tutte le nostre forze: stiamo curando i malati (ne abbiamo 13 in reparto e uno solo in intensiva), stiamo muovendoci sul fronte della terapia sperimentale di cui abbiamo ampiamente parlato con il collega Cascio, però chiediamo uno sforzo alla gente: rispettare le regole. Le norme le conosciamo tutti: igiene delle mani, utilizzo delle mascherine, dei guanti e distanziamento sociale. Quel che si è visto a Milano non deve ripetersi né essere replicato altrove. Noi medici facciamo la nostra parte e ci auguriamo che anche questo progetto sperimentale sortisca gli effetti sperati. Ciascuno però deve fare la sua parte e non abbassare mai la guardia.