Bambini insicuri, che si aggrappano alle gambe di mamma o papà appena incontrano il minimo ostacolo (dal compagno di scuola più “volitivo che gli ruba il giocattolo, al “no” dell’altro genitore). Da lì una sorta di pianto (a comando ed il più delle volte senza lacrime) e la sottintesa pretesa che il genitore risolva in fretta la questione. Si parla di un aumento di bimbi con poca autostima. Una problematica dei tempi moderni che, secondo alcuni esperti di psicologia infantile, andrebbe di pari passo con la gregarietà dei genitori nei confronti dei figli. Mamma e papà che cercano di assecondare in tutto e per tutto il piccolo così da ovattarlo, da dimostrargli che è amato. Genitori che cercano di prevenire i bisogni del figlio, non lasciandogli quei margini di “vuoto” necessari per lo sviluppo di un’autonomia decisionale di fronte alla difficolta. L’effetto prodotto però sarebbe quello di sminuire il potenziale del piccolo, che sentendosi sempre “al riparo”, non sarà in grado di attivare le adeguate istanze di controllo e di difesa. Del resto arriverà un momento in cui le gambe possenti dei genitori non saranno lì a disposizione per fare da schermo e il bimbo dovrà cavarsela da solo. Abituarlo per tempo servirà a farlo maturare e a dargli equilibrio. Lo spiegano, tra le colonne di Repubblica, due psicologi americani.
Non sempre padri e madri riescono a garantire ai loro ragazzi sicurezza e protezione.
E l’abitudine a proteggerli con soluzioni immediate per ogni problema può rivelarsi nel tempo perfino dannosa. Del resto, anche in assenza dei genitori e grazie alle attuali tecnologie, i bambini possono usufruire facilmente di rapide risposte per qualsiasi quesito, senza attese né fatica. Ma il non doversi misurarsi con le difficoltà per risolvere un problema, non è un bene; non aiuta a conquistare l’autonomia, così come il non avere mai l’opportunità d’imparare dai propri errori, può mettere a rischio l’autostima. E tutto anche grazie a genitori che insegnano “che cosa” pensare, e non “come pensare”.
E’ la premessa che ha suggerito a due psicologi americani di grande esperienza
Darlene Sweetland e Ron Stolberg
Ambedue impegnati sia a livello clinico che nel settore dell’apprendimento di riassumere in un libro Insegnare a pensare, come crescere bambini che sanno usare la testa, (Feltrinelli) le trappole più comuni in cui cadono quei genitori che, invece che educare i loro figli a essere indipendenti e responsabili, preferiscono avocare a sé decisioni e soluzioni, come fossero onnipotenti demiurghi di vite altrui. Trappole ricorrenti che alimentano l’abitudine alla “gratificazione istantanea” dei figli e, di conseguenza, inibiscono le competenze fondamentali per affrontare la fase adulta della vita.
Ed ecco, secondo gli autori, gli errori genitoriali più comuni: andare subito in aiuto del bambino in difficoltà, avere fretta di arrivare a una soluzione, fare pressione per poi intervenire personalmente, risolvere sempre il problema al posto del figlio o sentirsi in colpa se non lo si fa.
E’ necessario dunque cambiare rotta e Insegnare a pensare
Il che vuol dire che i figli devono imparare a prendere decisioni indipendentemente dagli altri, ad assumersi le proprie responsabilità, a fare scelte, a elaborare strategie. E ancora, a saper aspettare, ad avere senso critico e a risolvere da sé i problemi.
Insegnare a pensare è un manuale che tratta con semplicità un tema importante per il futuro dei più giovani e uno strumento utile per ogni genitore o educatore impegnato a far crescere i bambini, (anche e soprattutto quelli che hanno qualche problema di apprendimento) sani e indipendenti. E per aiutarli a costruire autostima e fiducia in se stessi.
Da genitori, quando e come rinunciare a proteggere e insegnare ai figli a fare da soli?
Questa è la domanda chiave: decidere quando concedere autonomia ai propri figli è importante e, per farlo in modo giusto e responsabile, i genitori devono considerare non solo l’età, ma anche e soprattutto il livello di maturità dei loro bambini. Perfino un piccolo di tre anni soltanto può essere in grado di fare alcune cose da solo: portare dalla macchina fin dentro casa un sacchetto con la spesa o portar fuori la “sua” spazzatura, sono un paio di esempi validi.
Certo può essere più semplice e più rapido fare le cose al loro posto: nutrirli, vestirli, aiutarli a mettere a posto i loro giocattoli. Ma lasciarli fare, permettere che imparino da soli a gestirsi , può infondere loro la certezza di poter avere il controllo sul proprio mondo e dunque vuol dire dargli gratificazione e fiducia in se stessi. I genitori dovrebbero esortarli a fare da soli anche quando vedono che i loro figli impiegano molto tempo a risolvere piccole cose, o li vedono faticare per farcela.
Soltanto assicurarsi che i figli agiscano in sicurezza è essenziale ma, per il resto, devono poter svolgere da soli le loro attività e risolvere in autonomia i loro problemi. E’ importante. Per i bambini sarà un’occasione per andare avanti e affrontare nuove sfide, senza che i genitori stiano continuamente correggere e a suggerire. Servirà non solo a spronarli , ma anche a dargli autostima.
Da dove cominciare per far sì che i bambini imparino a usare la testa?
I genitori detestano vedere i propri figli faticare e lottare, vogliono sempre fare le cose a modo loro, “salvarli” da un’esperienza negativa, e lo fanno risolvendo i problemi al loro posto. Ma così ottengono soltanto di privare i loro figli di una fondamentale opportunità: quella di ragionare con la propria testa. Per questo, vogliamo convincere i genitori a lasciare che i figli possano usufruire di questa opportunità. Dunque, resistere alla tentazione di “mettere tutto a posto”.I genitori devono spronare i loro figli ad avere pazienza, a prendersi il tempo necessario per trovare da soli una soluzione , senza fargliela cadere dall’alto bella e pronta. Che lottino, fatichino e soltanto dopo, se non ce la fanno, potranno chiedere e ottenere l’aiuto necessario. Questa strategia d’incoraggiamento è quella giusta e può iniziare fin dalla più tenera età. Prima darà i suoi frutti e prima preparerà i bambini ad affrontare le sfide del futuro.
Se un bambino ha problemi di apprendimento, quale strategia adottare?
Questi bambini sanno industriarsi più degli altri per risolvere i loro problemi. È doveroso allora insegnargli come usare le risorse di cui dispongono per farcela e per superare le difficoltà. Certo, ci sono situazioni che, in certi casi, richiedono l’aiuto dei genitori, ma è necessario intervenire in modo diverso. Dipende dal bambino ed è diverso se ci si trova in casa o a scuola. E comunque è spesso difficile per i genitori riconoscere quando è necessario intervenire, e quando invece è preferibile aiutare il ragazzo a farcela da solo.
Del resto i bambini che a scuola hanno difficoltà, mostrano frequentemente un talento particolare nello sport, nella musica o nelle arti , il che potenzia particolari risorse. Riuscire a farle emergere aiuta a sviluppare una sana autostima. Infine, per questi ragazzi, è molto importante imparare a comunicare al meglio. I genitori devono insegnargli a essere chiari ed efficaci nell’esporre agli insegnanti le loro necessità. Così questi bambini apprenderanno una grande lezione di vita che altri coetanei non avranno mai l’opportunità di cogliere: sapranno di poter riuscire a fare qualcosa da sé, nonostante le difficoltà.