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Chiusi in casa da oltre mese per un tampone che non arriva

La testimonianza di Tiziana, che da settimane attende che le Usca eseguano il tampone di verifica di negativizzazione

Tiziana Di Maro non  esce da casa dal 14 ottobre scorso, quando si sono presentati i primi sintomi del Covid. Una settimana più tardi il tampone, la conferma dei sospetti, quindi la corsa in ospedale e poi la scelta della cura domiciliare (ne abbiamo parlato in questo articolo https://www.atuttamamma.net/il-nostro-medico-di-famiglia-ci-ha-salvato-dal-covid-le-testimonianze-di-due-palermitane/

Oggi Tiziana sta bene, è clinicamente guarita, eppure la situazione dell’isolamento suo, del marito e dei due figli sedicenni sembra non avere fine.

La Asp non ha ancora mandato alcun operatore per eseguire il tampone domiciliare che confermi la negativizzazione dal virus. Nel frattempo la famiglia seguita a rimanere a casa e viene assistita dai parenti per le incombenze quotidiane necessarie: spesa, farmaci.

“Siamo chiusi a casa da più di un mese, vi lascio immaginare quanto sia diventata insostenibile questa situazione. Stiamo tutti bene, io non ho più sintomi da circa venti giorni, eppure siamo ancora reclusi. Ci atteniamo responsabilmente alle regole e attendiamo quel che dovrebbe spettarci, ossia il tampone domiciliare. L’alternativa sarebbe fare un molecolare domiciliare a pagamento, ma ci costerebbe circa quattrocento euro in tutto. Ci rendiamo conto? Siamo dei ristoratori, viviamo questo periodo di crisi e non riteniamo sia il caso di affrontare un’ulteriore spesa, posto che comunque avere eseguito un tampone gratuito è un nostro diritto. Almeno ci dessero delle direttive: il permesso di recarci in sicurezza al centro Guadagna, o alla Casa del Sole, o alla Fiera del Mediterraneo. Dovunque purché si definisca la nostra situazione.
Io resto a casa e rispetto il diktat, ma tutti quelli che sono nella mia situazione fanno altrettanto? Stare reclusi è svilente, mette a dura prova il sistema nervoso di chiunque.
Io ho un’attività di ristorazione che al momento è chiusa, i miei figli sono  liceali e quindi anche loro a casa per via della didattica a distanza.  Ma se fossi titolare di un negozio con possibilità di apertura o i miei figli frequentassero le elementari, come avremmo dovuto fare? Me lo chiedo e ve lo chiedo, sperando che questo appello arrivi laddove deve.”

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Il caso di Tiziana non è un’eccezione. Situazioni di isolamento fiduciario interminabile si verificano numerose in Sicilia da inizio emergenza. Claudia, una giovane mamma, il mese scorso lanció un appello ai microfoni di Rai 3. In quel caso a tardare per oltre dieci giorni era l’esito del tampone della sua bambina (risultata poi negativa). A pagare le conseguenze era il nonno disabile della piccola, domiciliato con figlia e nipotini. Vista la condizione di isolamento non poteva ricevere le cure domiciliari. Carenza di personale, unitá Usca che non riescono a sopperire alle tante richieste, sono alcune delle motivazioni fornite dalle Asp di competenza in merito alle lungaggini di questa emergenza Covid. Quanto durerà ancora? Nessuno è in grado di fornire risposte certe.

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