Sono mamma orgogliosa di un figlio maschio!
Devo però confessarvi che, quando sognavo di avere un bambino, desideravo una femmina. Ero certa che sarebbe stata femmina. Avevo scelto il nome non so quanto tempo prima. Quando ho scoperto la mia dolce attesa, però, non ho avuto dubbi. Ho capito subito che sarebbe stato un maschio e ne sono stata felice in maniera sconsiderata.
La voglia della femminuccia “mini me”
con la quale condividere vestitini “frù frù”, fiocchetti, orecchini ed ancora mielose chiacchiere davanti a un film d’amore, si è volatilizzata (e vi giuro, l’avevo sognata con tutta me stessa. Non contemplavo proprio l’idea che non fosse così). Contemporaneamente mi si è spalancato davanti un mondo nuovo. Quello del dover fare i conti, uno a uno, con un uomo, ma da una prospettiva totalmente nuova. Non un padre, un fratello, un amico del cuore, un collega spigoloso o “l’uomo dei sogni”. Nulla di tutto questo. L’uomo in questione sarebbe stato mio figlio.
Ricordo che i primi giorni, Raffaele mi sorprendeva per la sua pacatezza. Mi confrontavo con le amiche mamme di femminucce, le quali (non tutte ovviamente) mi raccontavano di pianti, interazioni continue, giorno e notte. Il mio piccino era buonissimo. Buono al punto che mi veniva il dubbio: non sarà troppo buono?
Era semplicemente un maschietto e lo dimostrava sin dai suoi primi giorni di vita
Dormiva tutto il tempo che poteva e interagiva quel tanto che bastava per farci capire i suoi bisogni. Come la maggior parte degli uomini, mi pare ?. Poi le cose sono cambiate. Quando le amiche, mamme di femminucce, mi raccontavano delle loro bimbette decisamente più calme, meno piagnucolose e forse solo un tantino chiacchierone, io mi sono dovuta confrontare con una fase “terribile” (tuttora in corso) del mio piccolo. Ha imparato a gattonare, quindi a mettersi in piedi, da lì a camminare e a toccare letteralmente il mondo. Giuro, vi sono stati giorni in cui non stava neppure un solo minuto fermo nello stesso posto. A forza di stargli dietro, ho perso quel paio di chili che, ostinati, mi si erano piantati sul sedere dai tempi della gravidanza. Sante parole, quelle di una cara e anziana amica del mio paesello, che vedendo il brio di mio figlio, mi disse candida: è un maschietto. Deve essere discolo!
Di contro, il mio piccino, è di pochissime parole. Un vocabolario essenziale: mamma, papà, nonna, pappà, pupù, pipì, acqua, gnammi. Stop.
Quando, contravvenendo ai consigli dei pediatri, mi impunto nel volergli far ripetere qualcosa, lui mi fa uno sguardo sbarazzino, alza i tacchi, mi dà le spalle e torna ai suoi giochi preferiti.
Quando però ne ha voglia, sa guardarmi con i suoi occhioni curiosi e pare volermi dire: “mamma, stai tranquilla, ci sono qui io”. Sarà una mia sensazione, ma proprio quando mi si scaricano le batterie, il mio bambino, con pacatezza, sa mettermi, a modo suo, una mano sulla spalla. Mi conforta senza troppi convenevoli, mi dà un bacetto (uno solo), mi prende la mano e mi porta dentro la sua tenda a giocare senza giochi (il suo divertimento preferito). Poi si stanca ed esce fuori, autonomo e senza troppe esitazioni. Io resto lì come un’emerita “pirla” (quante volte capita a noi donne!).
Io non so se tutti i maschietti siano così e se al contrario le femminucce siano tutte chiacchierone e coccolose. Ovviamente parlo di me, di Raffaele, di quel piccolo mondo che stiamo costruendo insieme (papà compreso, of course). So per certo che, da quando sono mamma di un maschietto, sto imparando a comprendere i maschi, cosa che prima, ammetto, non sapevo o non volevo fare.
Capisco i silenzi, le diversità da noi donne, il limite che loro non ci consentono di valicare. Non esagero se dico che questi “dettagli” nascono con loro e con loro restano per sempre. Sarà per questo che, confrontandomi con il team di A tutta Mamma, ho pensato a una giornata dell’8 marzo dedicata agli uomini. Diciamoci la verità, il nostro mondo gira intorno al loro e viceversa. A volte i due mondi si incontrano, altre (forse le più frequenti) capita il contrario. Difficile farne senza. Vogliamo parlare di loro con le nostre parole, con leggerezza e senza pretese. Sarà perché di noi donne e dell’8 marzo (che a volte non sentiamo più tanto nostro) si è detto tanto, quasi tutto. Buona lettura amiche e amici di A tutta Mamma e buona festa!