A cura della dottoressa Valeria Augello, psicologa esperta in dinamiche della coppia e familiari
Il senso di colpa arriva dalla consapevolezza di aver commesso un errore.
Si tratta di una emozione complessa che non nasce con noi in quanto non rientra tra quelle primarie e che spesso viene stimolata da percezioni che possono anche non essere corrette. Proprio perché si tratta di un vissuto che tuti abbiamo sperimentato qualche volta nella vita, quindi facciamo molta attenzione!
Il senso di colpa si accompagna ad una visione empatica
Se non riuscissimo a condividere lo stato emotivo degli altri non ci sarebbe modo di sperimentare il fallimento nei loro confronti ma occorre sottolineare, all’interno di questo percorso, anche il ruolo delle punizioni.
La capacità di percepire il senso di colpa si acquisisce durante l’infanzia
I genitori, attraverso divieti e rimproveri, marcano la differenza tra azioni giuste e sbagliate e possono utilizzare le punizioni come rinforzo alle loro indicazioni. Fin qui tutto procede linearmente.
Quando, invece, gli adulti oltre a correggere i comportamenti sbagliati dei bambini utilizzano messaggi contraddittori sotto forma di ricatto morale la situazione cambia radicalmente.
Man mano che cresce, il bimbo è spinto a creare la sua morale non più dalla paura della punizione ma dalla consapevolezza che, eventuali, comportamenti inopportuni, o sbagliati, potrebbero fargli perdere l’appoggio delle figure di riferimento. Ecco che il piccolo propone azioni che hanno l’obiettivo di preservare l’affetto dell’altro.
Occhio alle punizioni/ricatto
Frasi che evidenziano le conseguenze negative dell’errore generando vissuti di abbandono come giuste punizioni stimolano soltanto inutili angoscie. Associando la colpa ad una punizione necessaria, si fa nascere la convinzione di meritarla sempre e comunque e non permette alla persona di analizzare liberamente la situazione per monitorare pensieri azioni e comportamenti in modo coerente.
Il rischio è quello di iniziare a sopravvalutare le conseguenze delle proprie azioni, di non accettare di aver commesso qualcosa di sbagliato e, quindi, di non poter rimediare e di non poter venire perdonati. Un circolo disfunzionale lungo e interrotto solo dalla convinzione di aver scontato la propria pena nel modo che si crede più giusto e non sarà sicuramente quello corretto.
Ecco perché non dobbiamo trasformare il senso di colpa nel nostro peggior nemico ma, qualora servisse, dobbiamo solo utilizzarlo come un’emozione temporalmente passeggera che ci permetta di analizzare i dati di realtà sempre in modo serno e consapevole.