C’è una legittima onda lunga di dolore e di incertezza. Al centro una vita che non tornerà indietro, quella della giovanissima Camilla Canepa, la diciottenne morta per trombosi cerebrale, i cui sintomi si sono presentati pochi giorni dopo la somministrazione della prima dose del siero AstraZeneca. Tante morti sospette da inizio marzo ad oggi. Si è parlato di statistica. Di nessi causali, almeno all’inizio. Poi l’indicazione sul consenso informato: rarissimi eventi trombotici. Ma oggi non vi sono numeri che tengano. Non devono esistere le graduatorie della morte, soprattutto quando si va via senza un perché, proprio mentre sei nel cuore pulsante della vita. Diciotto anni e la parola fine sono però un pugno nello stomaco. Per il quale l’Italia pretende risposte. Abbiamo scritto tanto di vaccini e abbiamo cercato di farlo con senso critico. Senza cedere alla sensazionalistica tentazione dell’allarme, che acchiappa clic, ma non costituisce buona informazione. Abbiamo interpellato sempre e solo gli esperti, ai quali abbiamo chiesto sempre i come ed i perché di certe dinamiche post vaccinali. Abbiamo cercato di scansare la polemica dei no vax “tout court”, di quelli che piangono lacrime amare per le morti sospette, salvo poi, nei gruppi fb, invocare quella stessa morte per chi i vaccini li sostiene. Nella scienza e nei vaccini vogliamo continuare a credere, ma servono risposte.
Muore Camilla e scompagina qualsiasi logica da nesso causale. Come si può morire a 18 anni di trombosi cerebrale? Poco dopo viene fuori la notizia che Camilla soffrisse di una piastrinopenia autoimmune (una patologia della coagulazione del sangue), e che, secondo quanto riportano i principali organi di stampa, si curava, per altre ragioni di salute non note, con dei farmaci ormonali. È già partita un’indagine coordinata dalla Procura di Genova e diretta dai Nas, che dovranno capire se la giovane abbia o meno riferito, in sede di compilazione del questionario pre-vaccino o in fase di anamnesi, la sua patologia e che assumeva, per altre ragioni, dei farmaci.
Montano le domande, tante e legittime.
Quando scegli di vaccinarti, già al momento della prenotazione, il questionario inizia a rimbalzare e se non lo hai compilato, devi farlo al momento in cui accedi ai centri vaccinali. Quindi, prima dell’inoculazione, ti siedi di fronte a un medico, che deve leggere il tuo questionario e deve farti domande laddove hai segnalato patologie, assunzione di farmaci o qualsiasi altra considerazione meritevole di dubbio medico. Deve: questo l’imperativo categorico.
Ed a proposito racconto la mia esperienza personale. Ho una forma di trombofilia autoimmune, che non dimentico mai di segnalare, a qualsiasi visita medica io mi sottoponga. Ho scritto a chiare lettere sul questionario la mia patologia ed ho ricevuto dal medico vaccinatore una raffica di domande in merito: “Le ha mai causato trombosi, centrali o periferiche? Assume farmaci specifici per questa patologia? Alle mie domande su eventuali rischi correlati al vaccino, ho ricevuto ascolto paziente e risposte. Perché così deve essere. Ho ricevuto un vaccino a Rna, perché il mio quadro clinico questo richiedeva. Non ho avuto effetti collaterali degni di nota.
É giusto chiedersi se anche Camilla abbia ricevuto un trattamento simile da chi ha curato la sua anamnesi. Perché una ragazzina con piastrinopenia non la si può fare passare confusamente nell’entusiasmo di un open Day. E ci auguriamo che così non sia stato, in attesa di avere presto dei riscontri da chi di competenza.
Perché questo nodo va sciolto bene e quanto emergerà andrá reso noto a tutto il paese, che ha il diritto di sapere, di avere chiariti i dubbi. Perché non si può giocare a bingo, quando di mezzo c’è la vita della gente: a marzo andava bene AstraZeneca dai 55 in giù, tre settimane dopo arriva l’ordine contrario. Poi la nebulosa: no alle giovani donne (quarantenni comprese), ma facciamo pure i richiami, se la prima dose “é passata liscia”, ma attenzione ai giovani, meglio i vaccini a Rna, salvo poi organizzare, mi si consenta, “sbadatamente” gli open day, cavalcando un’altra onda lunga: quella delle emozioni giovanili. Degli “evviva”, ecco i ragazzi, che in gruppo si stanno vaccinando per ridarsi e ridarci la libertà. Viene pure da immaginarseli questi ragazzi, perché giovani lo siamo stati tutti. Li vediamo entusiasti, che scelgono insieme di fare una cosa utile, grande, di riconquistare quella libertà troncata di netto da un virus maledetto. Perché i ragazzi vivono di entusiasmi, che se sono collettivi diventano incontenibili.
Il parere degli esperti
Ricordo che proprio quando si paventó l’apertura dei vaccini ai giovanissimi, intervistammo il professore Antonio Cascio, noto infettivologo siciliano, per chiedergli un parere in merito. Alla domanda se fosse necessario vaccinare i più giovani, lui rispose: “Domanda pertinente, perché, effettivamente, i giovani, così come i bambini, difficilmente possono sviluppare una forma grave di malattia Covid. Possono sí essere dei vettori di contagio, se però seguono alla lettera le norme di prevenzione, il rischio si abbatte. A ogni modo occorre seguire per i giovanissimi l’indicazione di un vaccino a Rna (Pfizer o Moderna).
Al professore Cascio, fece eco, sempre in un’altra nostra intervista, il dottore Marco Battaglia, pneumologo all’ospedale Cervello di Palermo (da mesi uno dei principali centri Covid dell’Isola).
”Vaccinare i giovani non è urgente, né strettamente necessario, perché i giovani non sviluppano forme gravi di Covid, non nei grandi numeri. Occorre però che siano prudenti per proteggere gli altri ed occorre che le categorie a rischio, anziani e fragili, si vaccinino a tappeto, cosa che ancora non é verificata in senso pieno.”
Riporto questi due interventi perché va detto che gli esperti non sono degli acritici sostenitori dei vaccini.
Ieri sera abbiamo risentito il professore Antonio Cascio, gli abbiamo chiesto un parere sulla vicenda: “Si deve fare chiarezza. Si deve capire se la giovane Camilla ha riferito le sue patologie, se il medico vaccinatore é stato meticoloso. A queste domande non possiamo rispondere noi, quanto gli organi competenti. Basta con le conclusioni dubbie: AstraZeneca non è un siero da utilizzare sui giovani. Lo si era detto qualche già settimana fa. Si era partiti con una campagna vaccinale per i ragazzi con siero a Rna, quindi non andavano organizzati open day in cui, in contrordine, si è consentito ai ragazzini di mettersi in fila per AstraZeneca. Attendiamo gli esiti delle indagini così da capire la verità. Al contempo però non facciamo l’errore di demonizzare i vaccini. Non perdiamo fiducia verso la scienza e la medicina. Chi ha ricevuto la prima dose di AstraZeneca, ed oggi rientra nelle categoria per le quali questo siero non è più previsto, è bene che faccia il richiamo con Moderna o Pfizer. È una procedura sicura, che consente di immunizzarsi e di non perdere quanto acquisito con la prima dose. É un momento di confusione e dubbio ed é giusto che la gente abbia rassicurazioni da chi deve fornirle.”
Nella confusione e nel dubbio, rimane il dolore, di una vita che non tornerà indietro. Resta il desiderio di conoscere la verità, che la scienza sappia dare risposte certe e che i grilli parlanti non diventino facili predatori di questa grande disgrazia.