Un corpicino che trema come una foglia in cerca del contenimento. Un cuore minuscolo che batte all’impazzata, il pianto che non trova consolazione, il sonno che non arriva cosí da lenire la sofferenza.
É la sindrome neonatale d’astinenza da sostanze stupefacenti. Una condizione diventata frequente.
L’allarme lo lancia il professore Marcello Vitaliti, neonatologo, primario e anima dell’Utin dell’Ospedale Arnas Civico di Palermo.
“Nell’ultimo anno abbiamo registrato un caso ogni quindici-venti giorni. Una situazione davvero da allarme sociale. Ho una lunga carriera in Utin, queste terribili condizioni le osserviamo da sempre, ma mai come negli ultimi tempi.”
Professore, ci spieghi meglio la sindrome da astinenza da droghe nei neonati?
Il bambino, la cui mamma in gravidanza ha fatto uso di sostanze stupefacenti, le ha assimilate attraverso gli scambi placentari e quindi anche lui ne ha avuto gli effetti, sviluppando la dipendenza. Appena nato iniziano immediatamente i sintomi dell’astinenza, che sono tanti e anche molto gravi: tremori, convulsioni, tachicardia, irrequietezza, pianto inconsolabile, incapacità di addormentamento e di alimentazione. Quadri drammatici, che vanno rivalutati anche a distanza con dei follow up e che mi creda fanno stringere il cuore di noi sanitari.
Come curate questi piccoli?
La cura prevede due percorsi: quello umano anzitutto e quello farmacologico. Il figlio di una mamma tossicodipendente generalmente non potrà essere allattato al seno e già questo distacco è davvero forte per un neonato. Cerchiamo di calmare l’irrequietezza dei piccoli con il contatto, gli abbracci, le coccole. Questi bimbi necessiterebbero della consolazione materna, dell’essere cullati e contenuti h24. Comprenderá che sovente ciò non accade, anzi, ahimé abbiamo osservato nell’ultimo anno un aumento degli abbandoni. Sovente, le mamme tossicodipendenti scelgono di lasciare i piccoli in ospedale e noi avviamo un iter con il Tribunale dei Minori, che fortunatamente si è snellito e prevede l’affido in tempi rapidi, senza il difficile passaggio per la casa famiglia.
Come staff sanitario cerchiamo di sopperire con tutti i nostri mezzi alle criticità dei piccoli. Curiamo farmacologicamente l’astinenza con la morfina, con dosi adeguate e a riduzione graduale. Un percorso a ostacoli, nel quale però mettiamo scienza e coscienza. I bimbi si sono finora salvati tutti.
Quali le sostanze che trovate più frequentemente nel sangue dei piccoli?
Dalle droghe leggere a quelle pesantissime, quali il crac, la cocaina e perfino l’eroina. Anche il metadone, allorquando la mamma gravida è inserita in un percorso di recupero. Voglio anche precisare che non si tratta solo e sempre di mamme ai limiti sociali, sono capitati casi anche di donne borghesi, cocainomani, che hanno continuato a drogarsi durante la gravidanza.
Avete osservato anche la dipendenza da psicofarmaci?
Assolutamente sì. Vi sono tantissimi neonati in astinenza da antidepressivi e ansiolitici, in prima battute da benzodiazepine. Succede in gravidanza che, di fronte a taluni stati mentali della mamma, il medico decida di continuare il percorso con cura ansiolitica. Succede anche che alcune gravide assumano psicofarmaci senza alcuna direzione medica. I piccoli ne pagano ovviamente le conseguenze.
Questi bimbi rischiano danni a lungo termine?
Questi bimbi vanno osservati in follow up per capire se le sostanze abbiano compromesso delle abilita psico-motorie ed emotive. Siamo fiduciosi nella risoluzione totale dei sintomi. I neonati sono tanto delicati quanto plastici: hanno una capacità di riparazione del danno organico molto elevata
Quale realtà fotografano questi dati?
Una realtà che osserviamo da sempre e che negli ultimi tempi si è acuita in maniera esponenziale. Da quando c’è la pandemia è aumentato vuoi l’uso di sostanze stupefacenti, vuoi quello di psicofarmaci. Dobbiamo quindi riflettere che adesso il Covid sta facendo tanti danni mentali e sociali. Il rifugio nelle droghe e negli psicofarmaci è una delle conseguenze. É aumentato il consumo di droghe di qualsiasi tipo e a qualsiasi strato sociale, così come sono aumentate le patologie psichiatriche. Molte future mamme vivono con drammaticità la paura della malattia e del contagio. Indugiano in pensieri ossessivi ed a volte la sola strada è quella dello psicofarmaco. Questi dati devono farci riflettere: ci vuole sostegno, durante la gravidanza e nel delicatissimo periodo del post partum, ci vuole accoglienza e soprattutto superamento del terrore del contagio. Ci vuole un lavoro corale, del personale sanitario, ma anche dei servizi sociali, degli psicologi. Viviamo una condizione singolare, che con queste proporzioni non si era mai verificata. Ci vuole attenzione, cura, aumento della forza lavoro, così da sopperire meglio alle esigenze. Il Covid è un virus che va preso con cautela, ma attanagliarsi nella fobia è di gran lunga peggiore del contagio.