Lentamente, gradualmente e a colpi di DPCM la quarantena è stata promossa a cinquantena. Chi l’avrebbe mai detto che dai carri di carnevale saremmo passati (forse) ai falò di ferragosto? Le nostre vite sono cambiate, i nostri outfit si sono adeguati alla comodità di un pigiama che diventa una tuta durante i giorni festivi, la nostra vita sociale si svolge una volta alla settimana in fila davanti al supermercato, i nostri figli sono perennemente con noi, la nostra location varia in base alle urgenze domestiche. D’altra parte, anche il nostro linguaggio è cambiato, tanto che gli stessi dispositivi si sono adeguati e se premi la C per scrivere Ciao, la perspicacia della scrittura automatica ti consiglierà Covid-19.
Cerchiamo di capire quali siano, in ordine alfabetico, parole/hashtag/frasi più in uso nel periodo coronavitico.
Gli hashtag più utilizzati
1)#ANDRATUTTOBENE. All’inizio forse, quando gli arcobaleni disegnati “spontaneamente” dai bambini davano ai balconi quel tocco di colore che solitamente spettava ai gerani. Quando la quarantena era sinonimo dello “stare bene in famiglia”. Quando l’abbonamento a Netflix ti dava l’accesso ad un mondo sconosciuto e accattivante. Poi, la quarantena si è effettivamente trasformata in quella che è, quaranta giorni di clausura, e i cactus hanno preso il posto degli arcobaleni, lo “Shining” ha preso il posto dello “stare bene in famiglia”, infine, lo stravaccamento sul divano con annessa pancia lievitata ti ha oscurato la visione di quel mondo così affascinante delle serie tv. #ASTOPUNTOMEGLIOBEREBENE!
2)#IORESTOACASA. Voce del verbo “restareacasa”, coniugazione propria.
Io resto a casa.
Tu porti a passeggio il cane (e con questa scusa non torni più).
Egli ha modificato il codice Ateco e va comunque a lavorare, anche se non può.
Noi cantiamo dai balconi e Voi vi fate due maroni enormi a sentirci cantare dai balconi.
Essi fanno le multe e meno male.
3)ASSEMBRAMENTO. Lo vedi dovunque. Sei tranquillamente affacciato al balcone e vedi un assembramento di gatti a caccia di un assembramento di insetti. Chiudi il balcone, vai in salotto e vedi un assembramento di figli. Decidi di schiacciare un pisolino e sogni di trovarti ad un concerto dei Rolling Stones, l’apoteosi dell’assembramento. Ti svegli di soprassalto e, per calmarti, scorri la galleria delle vecchie foto della tua vita precedente alla quarantena e vedi, con orrore, tutti gli assembramenti a cui sei stato presente. L’aperitivo. In pizzeria. Ai carri di Carnevale. O, peggio, alle feste dei compleanni dei tuoi figli. Ai gonfiabili. E ti riprometti: mai più assembramenti, mai più… soprattutto ai gonfiabili!
Le parole burocratiche
4)AUTOCERTIFICAZIONE. Io le ho tutte. Ho completato l’album Panini delle Autocertificazioni, prontamente stampate e aggiornate con lo stesso timore provato durante la compilazione dei dati anagrafici del figlio appena nato. Non puoi sbagliare il lasciapassare per la libertà, per l’ora d’aria settimanale da trascorrere alla ricerca del lievito istantaneo, di birra, vanigliato, qualunque esso sia e che ti faccia sentire accettato dalla comunità virtuale dello chef improvvisato da quarantena.
5)CONTINGENTARE. Forse il termine più difficile e di difficile interpretazione. Sinonimo di limitare, razionare. Dovrebbe indicare un uso moderato di qualcosa, come l’accesso ad un negozio. Facciamo un esempio pratico. Semmai sentiste lo slancio primaverile di abbracciare il vostro partner o qualcosa di più senza far troppi danni, dovreste aspettare, in fila, l’ingresso nella farmacia di quartiere proprio perché l’accesso è contingentato. Quindi sarebbe necessario contingentare lo slancio primaverile nell’attesa del proprio turno. Vedete un pò voi, insomma. Però sempre meglio rivolgersi al farmacista di fiducia piuttosto che improvvisare con metodi casalinghi.
6)DAD. Sembra che i bambini nati un annetto prima della pandemia e accessoriati di fratellini maggiore in età scolare, abbiano saltato a piè pari il periodo della lallazione mormorando come prima parolina “DAD” invece di “MAM”. E non per uno slancio affettivo nei confronti della figura paterna, bensì nei confronti delle imprecazioni dei genitori per capire come “Azzolina” funzioni la Didattica A Distanza del suddetto fratellino maggiore in età scolare.
7)LA CASA DI CARTA. La vera cura catartica della quarantena. Il sogno represso di uscire fuori con l’unica mascherina con cui vorresti andare in giro: quella di Salvador Dalì. Il matto per eccellenza. Il sogno represso di essere Il Professore, che trova una soluzione a tutto, sicuramente anche a una pandemia. Oppure Berlino che ti manda a quel paese con un’eleganza unica, la stessa che vorresti usare tu quando vedi violare la quarantena a chi dovrebbe stare a casa in ciabatte come te. Il sogno represso di essere Tokyo, che non ci pensa un secondo ad agire d’impulso o Denver che ha il coraggio di chiamare un figlio Cincinnati senza subire l’ira funesta di Stoccolma, la compagna. Il sogno represso di essere Nairobi che riesce a trascinare la persona più a modo nella propria follia o, ancora, Rio che potrebbe, tranquillamente, hackerare Classroom una volta per tutte.
La catarsi di carta insomma!
Up o down?
8)LOCKDOWN. Sebbene il significato letterale sia “chiusura totale”, il suono stesso della parola “lockdown”, così duro, severo e perentorio, riesce a bloccarti repentinamente. Provare per credere. È molto efficace quando vedi che tuo figlio sta per lanciarsi dal letto a castello, basta urlargli contro LOCKDOWN che si ferma immediatamente. Viene addirittura utilizzato in giochi casalinghi e un pò vintage quali “Il gioco della spazzola”. La musica parte, la spazzola passa di mano in mano e… LOCKDOWN, tutti fermi, va fuori chi ha la spazzola in mano.
Ah, il sano divertimento aggregativo delle famiglie in quarantena!
9)MASCHERINE. Altruiste, egoiste, chirurgiche, di stoffa, di carta, ffp2, ffp3, xyz, con filtro, senza filtro, monouso, lavabili, infiammabili, ignifughe. Basta che ne abbiate una. E pensare che prima della pandemia eri in preda alla confusione davanti all’espositore delle maschere di Sephora ogniqualvolta dovevi inventarti un regalo dell’ultimo minuto per la vicina di casa. Una cosa, però, accomuna le mascherine da pandemia alle maschere monouso di Sephora: i tutorial per applicarle. E il senso di tutto ciò mi sfugge. Soprattutto se dopo aver fatto agire la maschera miracolosa di Sephora per 15 lunghissimi minuti sul tuo viso, poi devi uscire con la mascherina con filtro che ti dona quel tocco inconfondibile alla Dart Fener.
10)SMART WORKING. Con quello “Smart” che ti illude che possa essere “facile” il lavoro da svolgere all’interno delle accoglienti mura domestiche. Del resto, basta avere un PC e un Wi-Fi e il gioco è fatto. Peccato però che vivi con coinquilini, anche detti figli, che ti fanno “working” perennemente. (Da qui a “mobbing” é un attimo!). E ti ritrovi a fissare un punto di fronte a te, sempre lo stesso, che non é il monitor del pc, bensì la vasca dei pesci rossi che fanno “snorkeling” all’interno della loro accogliente boccia. Quello sì che sarebbe l’ambiente ideale per lo Smart Snorkeling… ops, volevo scrivere Smart Working.
Pesci rossi, vi guardo e vi invidio. Chi l’avrebbe mai detto!