C’è una percentuale della popolazione mondiale (si aggira intorno al 15 %), che “soffre” di ipersensibilità. Il verbo non lo usiamo a caso. Essere sensibili è un talento, esserlo due volte tanto può diventare una croce. Non smentirà un’affermazione tanto categorica, chi sa di appartenere alla ristretta categoria.
La scienza spiega
Gli ipersensibili, che un tempo erano definiti dei sensitivi, dotati di un quid che permetteva loro di prevedere le cose ancor prima che accadessero, in realtà sono persone come le altre. Di diverso hanno “semplicemente” un’attivazione superiore nell’emisfero cerebrale destro. È la parte del nostro cervello deputata alle emozioni, alla creatività, all’astrazione, financo a quel pizzico di lucida irrazionalità, che è propria degli ipersensibili.
Chi sono gli ipersensibili?
Lo racconta la scrittrice Federica Bosco nel suo libro Mi dicevano che ero troppo sensibile, edito da Vallardi.
Gli ipersensibili sono bambini più maturi degli altri. Comprendono anzitempo le emozioni di chi li circonda: il cambio d’umore dei grandi, il sottile tradimento del compagno di banco, quell’ipocrisia piccina, che non conosce limiti di accesso nè per genere nè per età. I bimbi ipersensibili tendono a chiudersi, a rimanere in disparte, sono troppo maturi per adeguarsi al branco, al cameratismo da bulli, ai pettegolezzi delle ragazzine. Sembrano noiosi. Restano volontariamente un passo indietro, prima che gli altri scelgano di seminarli lungo la strada. Non lo sopporterebbero. Hanno i numeri per arrivare primi, ma non la volontà di riuscire a scalzare, a dare il colpo di reni decisivo. Sanno capire in anticipo che quel comportamente farà tanto infuriare la mamma. Quindi lo evitano. Sanno già che arrivare in ritardo, rispetto all’orario stabilito, farà urlare di brutto il papà e la qual cosa li ferirebbe fino all’umiliazione. Evitano di chiedere il permesso per andare in gita, perchè sanno già che la mamma starà in pensiero. Non è così per i loro compagni, che maturano quella faccia tosta che, nella vita, spesso si rende necessaria. Che sarà mai una sfuriata di papà? Per un ipersensibile potrebbe diventare un dedalo emotivo pieno di se, ma, però e di decine di domande, che andranno ben al di là del fatto compiuto.
Ed è così che sin da piccoli si precludono una sommatoria di cose per la paura del giudizio, del far soffrire gli altri, di non essere all’altezza di se stessi. Gli ipersensibili si commuovono facilmente ma non amano che gli altri li vedano compenetrarsi fino alle lacrime. Sanno anche tagliare di netto con chi li delude e non dare una seconda possibilità.
La crescita
Come spiega Federica Bosco, un ipersensibile andrebbe trattato con una cautela che non appartiene a questa umanità. A volte sono proprio i genitori a fare i primi errori verso figli dalla sensibilità tanto spiccata. Frasi liquidatorie, incomprensioni, snobismo scivolano addosso alla gente comune ed invece sono un flagello per l’ipersensibile.
La via d’uscita dal labirinto emotivo però è possibile. Occorre lavorare su stessi. Con l’età e la collezione di delusioni (familiari, sentimentali, lavorative), l’ipersensibile avrà la capacità di scegliere di sfruttare il proprio potenziale. Se lo vorrà potrà “farsi furbo”. (Perché l’ipersensibile non è mai “fessacchiotto”, anzi).
Il riscatto
Un ipersensibile che decide di sdoganarsi può diventare un vincente. Avrà a disposizione un potenziale singolare. Difficilmente se subodora falsità si starà sbagliando. Se una situazione gli puzzerà di bruciato sarà capace di allontanarsene anzitempo. Riconoscerà un filibustiere già alla prima occhiata fuori posto o al primo tono sconveniente di voce. La scrittrice ribadisce che non si tratta di super poteri ma di scienza applicata alla neurologia. Un emisfero destro particolarmente attivo consente di captare le “onde” comportamentali molto prima degli altri. Gli ipersensibili non sono indovini ma è un po’ come se lo fossero. Se sapranno addomesticare la loro vulnerabilità, potranno dare il meglio di loro. Non è facile perché, come spiega la scrittrice, parlando della sua esperienza di vita, gli ipersensibili è come se non avessero pelle. Quando pensano di aver il controllo della situazione può capitare l’imprevisto. La percezione che una persona, ritenuta importante, ti stia deludendo può far sprofondare un ipersensibile nell’angoscia e lanciarlo in balìa di emozioni, che non saprà gestire: la rabbia, la tristezza ed il senso di colpa. Ecco allora di nuovo il guscio a proteggere, a mantenerli un passo indietro a evitargli quel colpo di reni finale. Federica Bosco è fiduciosa. Anche gli ipersensibili possono farcela. Imparando a mediare, scendendo dal loro piedistallo trasparente (loro sono disponibili, disposti al sacrificio, ma sotto sotto anelano alla perfezione. Sanno dare tanto, vuoi intellettualmente, vuoi effettivamente. Alla base, sostengono i neuropsichiatri, il desiderio è quello di essere stimati da tutti – mission impossible. Talvolta si sentono superiori agli altri. Alla lunga, corrono anche il rischio di incattivirsi), riusciranno a entrare nel mondo terreno della gente comune, accetteranno l’imperfezione e potranno sinceramente dire a loro stessi che la perfezione non esiste ed è meraviglioso così? Chissà…