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A Raffaella Carrá, rivoluzionaria in camicia di seta

Un ricordo della grande Raffaella Carrá

Da grandi, noi bimbe cresciute negli anni ‘80, si voleva diventare la Carrá. Perché Raffaella era la Donna dei sogni, ed era nei sogni anzitutto delle donne. Perché? Perché non era esattamente bella, ma sapeva diventare bellissima: quando partiva in quinta con  quell’eloquio da persona lesta, quando gli occhi le si illuminavano nel guizzo intelligente di una bella idea. Quando parlava le lingue straniere con una dimestichezza che, in quegli anni ancora poco mitteleuropei, faceva sgranare gli occhi di ammirazione. Io ho conosciuto l’era di Pronto Raffaella. I maglioncini di cachemere, le camicie di seta, gli orecchini gioiello e quell’intramontabile caschetto biondo e lucidissimo, che é diventato una moda senza tempo. Non a caso, all’epoca, ai parrucchieri si chiedeva “un caschetto alla Carrá”.

Aspettavo  con ansia che mi venisse l’influenza stagionale, così da piazzarmi insieme a mia nonna la mattina davanti alla tv. Raffaella ti teneva compagnia e lo faceva in maniera tutt’altro che banale. Era una perfetta amica delle casalinghe, degli anziani, di chi doveva stare a casa. Quella però non era l’epoca della tv strappalacrime, morbosa, ruffiana, kitsch. Quello era il tempo in cui il garbo era la quota stilistica della televisione. Si entrava nelle case degli italiani bussando due volte e chiedendo permesso. In questo Raffaella era maestra: educata, intelligente, ma tanto volitiva, acutissima, sorridente. Ebbe nel suo salotto i più grandi, che ha saputo elogiare, senza però troppi inchini. Era una rivoluzionaria in camicia di seta. Perché? Con eleganza aveva segnato un capitolo importante nell’ emancipazione femminile e non era solo questione di ombelico in bella mostra nella prima serata degli anni ‘70. La Carrá ti dava l’idea di donna libera dagli schemi, seppure con una forte impronta di tradizione. Non aveva avuto il padre, ma una famiglia al femminile di cui andava fiera e della quale portava l’esempio quando si parlava di lotte per la libertà. Non si era sposata, in un tempo in cui il matrimonio era lo status symbol per antonomasia. Aveva avuto compagni famosi, uomini ai quali sapere tenere testa, non i classici belloni da copertina. Non ha avuto figli, perché, lo aveva dichiarato lei in una intervista, quando ci ha pensato era troppo tardi. Eppure, parole sue, non si sentiva a metà per quella maternità mancata. La Carrá ti dava sempre l’idea della donna “realizzata” in un mondo in cui per noi donne realizzarsi é molto difficile. Ottimista e sicura di sé, ma senza supponenza. Talentuosa, ma non tronfia. Sorridente. Sempre. Sarà per questo che l’hanno amata tutti e che oggi tutti la piangono. Non é facile che un personaggio famoso piaccia platealmente. Alla Carrá invece capitava. Non si poteva non apprezzarla: perché era brava, ma non solo per quello. Aveva quel qualcosa in più che é dei grandi, che rimangono tali, anche quando vanno via. Ed oggi Raffaella manca a tutti: a chi l’ha conosciuta  diva sexy, ma garbata, libera ma non libertina. Alle bimbe degli anni ‘80, me compresa, che sognavamo di diventare come lei ed in quel sogno era racchiuso il desiderio di poter fare qualcosa di grande nella nostra strada di donne. Alle mamme, che hanno pianto e pianto ancora con quel must nazional popolare che è stato Carramba che sorpresa. Ai nostalgici, che la volevano ancora al timone di qualche importante prime time.
Mi piace ricordare la Carrá con una frase di una delle sue tante canzoncine frivole e indimenticabili: “E se ti lascia lo sai che si fa, trova un altro più bello che problemi non dá.”

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Ed in questa piccola rima, c’è, con il sorriso, il pensiero di una donna rivoluzionaria, con la camicia di seta, gli orecchini eleganti ed un cervello grande così.

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