Emanuela Setti Carraro oggi avrebbe 73 anni. Quando morì ne aveva trentuno. Lei, piemontese, della provincia buona di Vercelli. Borghese di nascita, crocerossina come la madre, come molte altre donne volenterose dell’Italia “bene”. Di lei si sa poco. Figlia di una famiglia ricca. Le notizie dicono che il padre si occupasse, ad alti livelli, dell’industria della lana. Emanuela aveva conseguito il diploma di infermiera.
La crocerossina innamorata del generale
Nei salotti di Milano aveva conosciuto Carlo Alberto Dalla Chiesa, il Generale. Un uomo tutto d’un pezzo. Un vedovo ambito, ma che pareva non volesse cedere alle lusinghe del gentil sesso. Aveva un’età il Generale, aveva dolori da rattoppare e un passato e un presente di trincea. Dicono che Emanuela se ne fosse innamorata perdutamente. Che, audace, gli donò addirittura una rosa, durante una manifestazione benefica. Frasi scritte nei giornali dell’epoca, che non hanno sapore di scandalo. Tutt’altro. Chi era vicino alla coppia è pronto a giurare che, quella bella ragazza di manco trent’anni, avesse perso la testa per un uomo, che di anni ne aveva il doppio. L’amore scrive le rime a modo suo. Carlo Alberto cede al cuore ed eccoli sposi. Era il luglio del 1982. La chiesetta era quella di un paesino sui monti del Trentino. Una cerimonia discreta, timida, per pochissimi. Emanuela era perfettamente bella. Come un’attrice. Anzi di più. Perché, e non ce ne vogliano le bellissime interpreti che le hanno dato il volto in alcuni film, la sua bellezza non è stata replicata. Era “sposina” quando arrivò a Palermo, al seguito del marito, nominato Prefetto di una città sanguinaria. Era la sola persona di fiducia di Dalla Chiesa in quei 120 giorni trascorsi in Sicilia. Lei gli stava vicino come e più che poteva. Fino all’ultimo giorno. Il 3 settembre 1982, in via Isidoro Carini, ore 21 e 15, A 112. Poi il buco nero. Il generale che abbraccia per l’ultima volta la sua donna. Un gesto d’istinto, da carabiniere coraggioso. Di Emanuela Setti Carraro sappiamo poco. Si dice di lei che era una bellissima crocerossina, borghese (come la maggior parte delle crocerossine). Lei e quel cognome doppio, che Emanuela indossava come un vestito elegante. Le hanno intitolato un paio di scuole, qualche strada, poi le commemorazioni di rito. Poco altro. Di Emanuela sappiamo che era bella non solo per dettaglio. Una bellezza che la immortala nella foto del suo matrimonio, con la felicità che hanno negli occhi le spose innamorate, che pensano di aver davanti tutto il tempo dell’umanità.
Queste poche righe per ricordare il sacrificio del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della crocerossina Emanuela Setti Carraro e dell’agente di Polizia Domenico Russo.
Semplicemente Grazie.